ATEROSCLEROSI – LA MALATTIA DEL SECOLO

Data:

13/05/2021

Indice degli argomenti

L’aterosclerosi è la principale causa di malattia cardiovascolare a livello mondiale e, nonostante molti pazienti sopravvivano alle sindromi coronariche acute, essi possono subire alterazioni della funzionalità cardiaca che mettono le basi per l’insufficienza cardiaca.

Nel corso dell’articolo, vedremo a la stretta relazione tra aterosclerosi e gli effetti benefici dell’esercizio fisico.

 

La dislipidemia e le radici eziologiche dell’aterosclerosi

Uno sbilanciamento dei livelli delle lipoproteine sieriche può alterare l’omeostasi e portare allo sviluppo di condizioni patologiche che interessano il sistema cardiovascolare.

Il termine dislipidemia è stato coniato per qualsiasi stato metabolico che denota questo squilibrio. Viene utilizzato per classificare diverse condizioni che interessano il metabolismo delle lipoproteine e che implica un aumentato rischio di malattia.

L’infiltrazione subendoteliale di lipoproteine contenenti apoB, come quelle del colesterolo LDL, è alla base dei processi aterogenici. Se i livelli plasmatici di queste molecole sono elevati, vi è un aumentata probabilità di una loro infiltrazione e ritenzione all’interno della parete vascolare, dando il via alla formazione della placca aterosclerotica.

Il termine aterosclerosi si riferisce all’accumulo di materiale grasso e/o fibroso nello strato più interno delle arterie, l’intima, e deriva dalla parola greca Atherè “pappa”, riflettendo l’apparenza del materiale che costituisce il core della tipica placca aterosclerotica.

Le particelle di LDL si diffondono attraverso le cellule endoteliali che rivestono la parete dei vasi sanguigni, dove subiranno delle modifiche come ossidazione, lipolisi, e proteolisi, causando infiammazione.

Questo provoca il richiamo di elevati numeri di macrofagi e linfociti al sito di accumulo dove il colesterolo LDL viene degradato, provocando l’accumulo di cellule schiumose che costituiscono il core della lesione aterosclerotica.

Le cellule muscolari lisce, richiamate dalle citochine secrete dai macrofagi, migrano all’area della lesione e producono matrice extracellulare rivestendo il core con una capsula fibrosa densa.

Con il processo di proliferazione che si ripete nel corso degli anni, l’ateroma cresce in dimensioni con la possibilità di un’occlusione parziale o totale dell’arteria coronarica.

Una revisione di alcuni studi di randomizzazione mendeliana ha dimostrato una riduzione logaritmica del rischio di malattia coronarica per gli individui esposti a bassi livelli di colesterolo LDL nel corso della vita, indipendentemente dal meccanismo attraverso cui questi livelli venivano raggiunti.

Il colesterolo HDL, invece, ha un ruolo protettivo nella patofisiologia dell’aterosclerosi. La principale proprietà antiaterogena di questo tipo di colesterolo sembra essere collegato al processo che provoca la rimozione del colesterolo dai macrofagi, per essere trasportato al fegato.

Le evidenze dimostrano che ad ogni aumento di 1 mg/dl di colesterolo HDL vi è una riduzione del 2-3% del rischio di malattie cardiovascolari.

I livelli di trigliceridi, nonostante abbiano una minore associazione con queste malattie, fanno anch’essi parte del cosiddetto “profilo lipidico” e si suppone essere importanti nella patofisiologia dell’aterosclerosi.

Infatti, l’ipertrigliceridemia influenza il metabolismo del colesterolo LDL e HDL, il quale risulta in un profilo lipidico disfunzionale e molto più aterogeno.

Per questo, uno squilibrio dei livelli lipidici risulta in un aumentato rischio cardiovascolare, soprattutto nei profili lipidici che presentano quella che viene denominata la “triade aterogena” (elevati livelli di trigliceridi e LDL-c e bassi livelli di HDL-c).

 

Manifestazioni cliniche dell'aterosclerosi

Manifestazioni cliniche dell’aterosclerosi

 

Epidemiologia dell’aterosclerosi

Le malattie cardiovascolari che includono le malattie coronariche, l’ipertensione e l’infarto, collettivamente costituiscono la principale causa di morte a livello globale.

La malattia cardiaca (comunemente dovuta all’aterosclerosi delle arterie coronariche) e l’infarto sono le principali cause di morte nel mondo.

Negli USA, tra gli individui di età > di 20 anni, il 37.4% degli uomini e il 35.9% delle donne hanno una qualsiasi forma di CVD.

Secondo i dati dell’US National Health and Nutrition Examination Survey, la prevalenza di elevati livelli di LDL-C non è cambiata sostanzialmente dal 1999-2002 (34.5%) al 2005–2008 (33.5%). Tuttavia, le cure per questa condizione sono aumentate significativamente dal 28.4% nel 1999–2002, al 48.1% nel 2005–2008.

In un’analisi post-mortem di 2,876 soggetti di età compresa tra 15 e 34 anni, Strong et al. hanno dimostrato che le lesioni aterosclerotiche erano già presenti  nelle aorte del gruppo più giovane (15–29 anni) e che l’entità e la prevalenza di queste scoperte aumentava nel gruppo di età più grande (30–34 anni).

Questi risultati sono sostenuti da altri studi basati su autopsie (McGill et al., 2000) e di imaging (Tuzcu et al., 2001) che hanno dimostrato come il processo di accumulo di grassi subendoteliale inizia precocemente nel corso della vita e che si verifica in ogni soggetto.

 

Qual è allora il ruolo dell’esercizio fisico sull’aterosclerosi?

La ricerca scientifica ha tentato di identificare i meccanismi che sono alla base degli effetti benefici dell’esercizio sull’aterosclerosi.

Tra quelli proposti vi sono:

  • il precondizionamento cardiaco;
  • un’aumentata collateralizzazione coronarica;
  • la regressione della formazione della placca.

Vediamoli quindi nel dettaglio.

 

Precondiziomento Cardiaco

Come potenziale evento fatale causato dall’aterosclerosi, la protezione dall’infarto del miocardio è uno dei target principali della ricerca cardiologica.

Sebbene siano necessarie maggiori ricerche, sono stati individuati diversi meccanismi collegati all’esercizio fisico e che potrebbero avere il potenziale di ridurre la mortalità dopo un danno ischemia/riperfusione (I/R) causato da eventi coronarici.

Il precondizionamento cardiaco, in individui allenati, si è dimostrato importante nel ridurre i processi patologici dopo un evento I/R. La ricerca ha evidenziato una correlazione positiva tra gli individui allenati e la sopravvivenza dopo un infarto del miocardio, in grado di ridurre la portata dell’infarto e di ritardare gli effetti negativi di un evento I/R.

È stato proposto che un ritardo del danno e della morte cellulare a causa dei cambiamenti metabolici durante un infarto del miocardio potrebbe giustificare questo beneficio.

La riduzione del 30-40% del danno a causa di un infarto è stato attribuito all’effetto benefico del precondizionamento cardiaco provocato dall’esercizio fisico.

Il maggiore meccanismo coinvolto in questi effetti cardioprotettivi è l’aumentata capacità di eliminare le specie reattive dell’ossigeno (ROS) dal tessuto coinvolto.

 

Aumentata eliminazione dei ROS

Un principale componente del precondizionamento cardiaco è la capacità migliorata di eliminare i ROS causati da un evento I/R.

Un aumento della combinazione di NADPH ossidasi, superossido, e xantina ossidasi sono stati dimostrati essere in grado di danneggiare il tessuto muscolare.

L’esercizio sembra influenzare gli adattamenti cardiaci che risultano in una protezione contro l’infarto attraverso un’aumentata clearance di ROS.

Il superossido dismutasi (un enzima noto che catalizza i ROS), nello specifico MnSOD trovato principalmente nei mitocondri, è stato dimostrato aumentare dopo l’esercizio fisico ed è stato inoltre correlato positivamente alla protezione da infarto.

Questo è stato dimostrato in studi dove l’esercizio fisico regolare, nel corso di diversi giorni, ha mostrato un aumento del MnSOD, e gli effetti cardioprotettivi sono risultati conservati anche nel miocardio di soggetti di età avanzata.

In esperimenti genetici su topi, la sovraespressione di MnSOD risultava in un aumento degli effetti cardioprotettivi contro l’infarto, mentre la sua sottoespressione in un danno tissutale del miocardio da un evento I/R a causa di una ridotta funzionalità cardiaca.

Mentre il precondizionamento cardiaco ed il suo meccanismo di clearance dei ROS mostra potenziali benefici sulla malattia cardiaca, servono ulteriori ricerche per consolidare il suo contributo all’effetto benefico dell’esercizio sull’aterosclerosi.

 

Aumentata Collateralizzazione Coronarica

Una migliore collateralizzazione coronarica è stato dimostrato essere un potenziale meccanismo benefico dell’esercizio fisico sull’aterosclerosi.

Ogni arteria coronaria che si dirama dall’aorta fornisce sangue ad una rispettiva area del miocardio.

Nel caso della stenosi di un vaso sanguigno a causa di aterosclerosi, l’area del miocardio distale all’occlusione è soggetta ad ischemia a causa della riduzione dell’afflusso di sangue in base al grado di stenosi, ed in alcuni casi può risultare in un infarto a causa di un’occlusione totale.

La collateralizzazione coronarica implica la presenza di arteriole che hanno la capacità di fornire soccorso dalla riduzione del flusso sanguigno e che potrebbero ridurre la portata dell’infarto.

Un aspetto importante è l’indice di flusso collaterale (CFI), un parametro che misura la quantità di flusso sanguigno in un’arteria coronarica con stenosi, che può essere attribuito alla circolazione collaterale.

È stato osservato che l’esercizio fisico regolare, in presenza di malattia coronarica, migliora lo sviluppo di collateralizzazione coronarica, attraverso la promozione di arteriogenesi, cioè il tipo di sviluppo necessario per aumentare il flusso sanguigno alle aree da dipendenza collaterale del miocardio.

Questo è stato il caso riportato da Zbinden et al, che dimostrano come la CFI risultava significativamente aumentata non solo nei vasi sanguigni con stenosi, ma anche in quelli sani, dopo il completamento di un programma di allenamento, risultato che non è stato riscontrato nel gruppo di controllo che non ha svolto esercizio fisico.

In uno studio separato di Belardinelli et al, è stato evidenziato come dopo 8 settimane di allenamento con pazienti con malattia coronarica, questi soggetti hanno dimostrato un aumento della collateralizzazione provato con angiografia, che è risultata in un aumento della perfusione e in una migliore contrattilità del miocardio.

Sailer et al, invece, hanno riportato che l’esercizio fisico in pazienti con malattia coronarica ha fornito direttamente ed indirettamente flusso sanguigno collaterale alle aree ischemiche del miocardio a seguito di occlusione.

 

Arteriogenesi

 L’arteriogenesi è il processo con il quale la collateralizzazione coronarica ha la capacità di salvare il miocardio ischemico a causa di una stenosi o di un infarto.

L’arteria con stenosi provoca una riduzione del flusso sanguigno distale all’occlusione ed un aumento del flusso rediretto ai vasi sanguigni collaterali.

Nel momento in cui la pressione nel vaso occluso si riduce, il sangue viene reindirizzato attraverso la circolazione collaterale per fornire ossigeno al tessuto ischemico, e lo stress provocato dallo scorrimento del sangue causa un aumento dei fattori endoteliali che portano all’arteriogenesi.

L’arteriogenesi porterà poi all’aumento della lunghezza e del diametro dei vasi sanguigni collaterali.

Anche l’arteriogenesi dimostra essere quindi una possibile spiegazione agli effetti cardioprotettivi dell’esercizio.

 

Regressione della placca aterosclerotica

Con l’aumento delle dimensioni della placca, aumenta anche la probabilità del verificarsi di una stenosi coronarica grave e di infarto del miocardio. Un’area di ricerca sui potenziali effetti dell’esercizio sull’aterosclerosi si è focalizzata sulla possibilità non solo di fermare la progressione ma anche di una regressione della placca stessa.

Lo studio Lifestyle Heart Trial ha valutato l’effetto dei cambiamenti degli stili di vita di pazienti con malattia coronaria, che includevano 3 ore di esercizio fisico a settimana. Lo studio ha dimostrato che, dopo un anno di attività, il gruppo ha mostrato non solo una riduzione della frequenza e della severità dei sintomi di angina, ma anche una regressione della dimensione della placca nelle lesioni aterosclerotiche coronariche presenti.

Questo, in contrasto al gruppo di controllo che ha invece dimostrato una progressione delle lesioni presenti a fine studio.

Nello studio di Hambrecht et al che ha valutato l’effetto dell’esercizio sull’aterosclerosi, la regressione delle lesioni coronariche è stata osservata nei pazienti che consumavano più di 2200 calorie a settimane, che corrisponde a circa 5-6 ore di allenamento a settimana.

Nello studio di Tani et al, invece, vi era una regressione del 12.9% della dimensione della placca, dopo 6 mesi di modifiche degli stili di vita, che includevano esercizio fisico associato a terapia con statine e modifiche delle abitudini alimentari.

I potenziali meccanismi alla base di queste regressioni, associate alla pratica di esercizio fisico, possono essere dovuti ad un aumento del colesterolo HDL, riduzione di quello LDL, eliminazione dei macrofagi e delle cellule schiumose dal core necrotico della lesione.

 

Livelli elevati di HDL

Accettato ormai come un fattore di rischio per l’aterosclerosi, elevati livelli di colesterolo LDL hanno dimostrato essere il processo che porta alla patofisiologia della malattia.

I livelli di HDL sono stati, invece, correlati inversamente alla malattia coronarica. Inoltre, questo tipo di colesterolo è risultato partecipare al processo di regressione della placca aterosclerotica, attraverso il trasporto del colesterolo indietro verso il fegato.

È stato dimostrato come l’esercizio ha un effetto positivo sull’aumentare i livelli di colesterolo HDL sierico. In una meta-analisi che valutato l’effetto dell’esercizio fisico sui livelli di HDL, è stato riportato che l’esercizio aerobico regolare provocava un aumento di questi livelli quando avveniva un consumo energetico minimo di 900 calorie per settimana.

In un altro studio, si è ottenuto un aumento significativo dei livelli di colesterolo HDL dell’11% nel gruppo che praticava esercizio.

Inoltre, i benefici hanno interessato anche i livelli di LDL e trigliceridi.

In un altro studio che ha valutato il profilo lipidico totale dopo 12 settimane di allenamento, i livelli di HDL sono aumentati in media di 4.6%, mentre quelli di LDL e i trigliceridi sono diminuiti del 5% e del 3.7% rispettivamente.

 

Effetti dell’esercizio fisico sui fattori di rischio per lo sviluppo di aterosclerosi

Effetti dell’esercizio fisico sui fattori di rischio per lo sviluppo di aterosclerosi

 

Conclusioni

La combinazione di inattività fisica e cattive abitudini alimentari che provocano l’aumento dei livelli del colesterolo LDL, è stata dimostrata essere un fattore di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari.

La pratica comune prevede l’uso di farmaci e la chirurgia per trattare i pazienti con queste patologie. Tuttavia, sarebbe importante considerare sempre di più anche trattamenti alternativi, come la pratica di esercizio fisico.

Meccanismi come il precondizionamento cardiaco, l’aumentata collateralizzazione coronarica e la regressione della placca sono alcuni dei meccanismi che possono potenzialmente spiegare i benefici dell’esercizio fisico sul sistema cardiaco.

Un importante campo di ricerca, considerando come le malattie cardiovascolari interessano ormai l’intera popolazione mondiale.

 

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Silvia Capozza

Note sull’autore

Laurea Triennale in Scienze delle Attività Motorie e Sportive con Lode Università di Bari
Certificazione Personal Trainer for Health Training Lab Italia

Certificazione Functional Trainer Training Lab Italia
Certificazione Kettlebell Conditioning & Training Training Lab Italia
Certificazione Health & Sport Nutrition Training Lab Italia
Certificazione Strength e Conditioning Training Lab Italia

Certificazione Medical Fitness Training Lab Italia
Articolista Training Lab Italia
Membro del Progetto University Lab

 

BIBLIOGRAFIA

Chacon, D. et al.: A REVIEW OF MECHANISMS ON THE BENEFICIAL EFFECT OF EXERCISE ON ATHEROSCLEROSIS (2020). Cureus

Libby, P. et al.: ATHEROSCLEROSIS (PRIMER) (2019). Nature Reviews: Disease Primers.

Santos, L. P. et al.: EXERCISE, CARDIOVASCULAR HEALTH, AND RISK FACTORS FOR ATHEROSCLEROSIS: A NARRATIVE REVIEW ON THESE COMPLEX RELATIONSHIPS AND CAVEATS OF LITERATURE (2020)Frontiers in Physiology

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