La Sindrome della Bandelletta Ileo-Tibiale (SBIT) è una causa molto comune di dolore riferito sulla porzione laterale del ginocchio che colpisce di frequente la popolazione fisicamente attiva, specie quella atletica. Più precisamente, la SBIT è la seconda causa principale di dolore nei runners, rappresentando il 10% degli infortuni nelle discipline di corsa.
Anche tra i ciclisti la sua incidenza presenta dati importanti. Infatti, circa il 15-24% degli infortuni da sovraccarico funzionale sono da attribuire proprio alla sindrome della bandelletta ileo-tibiale. Oltre ai runners ed ai ciclisti però, la SBIT colpisce, sebbene con minor frequenza, anche gli atleti di discipline di canottaggio, di sci, di calcio, basket, triathlon e hockey su prato.
Il dolore causato da questa sindrome può irradiarsi prossimalmente o distalmente. Nei casi meno severi, il dolore comincia dopo una data distanza o tempo dall’inizio dell’esercizio e velocemente regredisce con la cessazione dell’attività.
Come vedremo nel corpo di questo articolo, l’eziologia della SBIT è ancora oggetto di discussione. Nonostante ciò, verrà comunque proposto un approccio evidence-based per la risoluzione di questa condizione dolorosa distinto in 4 fasi a seconda della gravità della sintomatologia che caratterizza la sindrome stessa.
Ma prima, alcuni doverosi cenni anatomici ed eziologici.
ANATOMIA DELLA BANDELLETTA ILEO-TIBIALE
La bandelletta ileo-tibiale rappresenta un fitto strato fibroso di tessuto connettivo che attraversa distalmente la coscia. Questa origina prossimalmente al livello del grande trocantere, come una coalescenza dei fasci del muscolo tensore della fascia latae e del grande e medio gluteo.
Da qui, la bandelletta si porta verso il basso mantenendosi sul versante laterale della coscia fino ad inserirsi, in parte, entro i setti intermuscolari del tubercolo sopracondiloideo del femore e in parte sul tubercolo di Gerdy (situato sull’aspetto antero-laterale della porzione prossimale della tibia).
La funzione della bandelletta ileo-tibiale dipende dalla posizione del ginocchio. Infatti, con il ginocchio tra la completa estensione fino ai 20°-30° di flessione, la bandelletta ileo-tibiale si posizione anteriormente all’epicondilo laterale del femore e funge da estensore attivo del ginocchio. Dai 20°-30° di flessione in poi, la bandelletta ileo-tibiale assume una posizione posteriore rispetto all’epicondilo laterale del femore e funge da flessore attivo del ginocchio.
BANDELLETTA ILEO-TIBIALE: CENNI EZIOLOGICI
L’eziologia della Sindrome della Bandelletta Ileo-Tibiale (SBIT) è tutt’oggi parecchio dibattuta. Infatti, alcune teorie sostengono che la condizione dolorosa sia da attribuire ad un frizionamento della bandelletta ileo-tibiale contro l’epicondilo laterale del femore, durante le attività che includono ripetute flesso-estensioni del ginocchio.
Altre tendono ad individuare la causa nella compressione del tessuto adiposo e connettivo della bandelletta stessa, altre ancora attribuiscono l’insorgenza della sindrome ad un’infiammazione cronica della borsa e del tendine al di sopra dell’epicondilo laterale del femore.
Oltre a queste teorie, ovviamente ve ne sono altre incentrate su un’errata programmazione dell’allenamento o a disequilibri anatomici. Queste, attribuiscono la causa della SBIT a elementi quali cambiamenti troppo rapidi nella routine di allenamento, corsa collinare, un passo di corsa eccessivo così come un aumentato chilometraggio.
VALUTAZIONE: SI TRATTA DI SBIT O NO?
Generalmente, il soggetto affetto da SBIT tende a riportare un dolore localizzato sull’aspetto laterale del ginocchio. Più precisamente, tale percezione si focalizza in una regione della bandelletta ileo-tibiale compresa tra il condilo femorale laterale e la sua inserzione sul tubercolo di Gerdy.
I sintomi spesso insorgono al completamento di un esercizio di flesso-estensione del ginocchio. Un peggioramento della condizione può portare a riferire dolore non solo durante l’esercizio, ma anche a riposo.
Si possono utilizzare diversi test per comprendere se ci si trova in presenza di SBIT o meno, tra i quali troviamo:
- il Noble Test (descritto più avanti);
- l’Ober Test (per valutare l’eventuale retrazione della bandelletta ileo-tibiale);
- il Thomas Test (per valutare l’eventuale retrazione dell’ileopsoas, del retto femorale e della bandelletta ileo-tibiale).
Per eseguire il Noble Test occorre palpare la zona laterale del ginocchio, circa 2 cm superiormente al suo asse trasversale del ginocchio. Con il soggetto in posizione supina e con il ginocchio flesso a 90° l’operatore comincerà a estendere il ginocchio mantenendo comunque la digitopressione sulla sua porzione laterale.
Il test è positivo se il soggetto avverte dolore intorno ai 30° di flessione del ginocchio.
L’APPROCCIO DEL CHINESIOLOGO AL TRATTAMENTO DELLA SBIT
Il trattamento non chirurgico rappresenta il principale approccio risolutivo della Sindrome della Bandelletta Ileo-Tibiale (SBIT).
Così come avviene per la maggior parte delle condizioni ortopediche, modifiche nell’attività fisica possono migliorare il dolore associato alla sindrome. Infatti, lo stop da attività flesso-estensorie, come la corsa o il ciclismo, fino a risoluzione del dolore, seguito da un graduale ritorno all’attività tollerata, può aiutare a evitare la ricorrenza del sintomo.
Per di più, anche le modifiche dell’equipaggiamento, come il cambiamento della posizione della tacchetta, l’abbassamento del sellino o il rialzo del manubrio, possono migliorare il dolore associato a questa sindrome e permettere così il ritorno alle normali attività.
Tuttavia, queste sono solamente le più immediate azioni che possono essere usate per provare a trovare subito un riscontro positivo. La non risoluzione della condizione, con l’applicazione di questi semplici accorgimenti, condurrebbe a riconsiderare l’approccio chinesiologico secondo più fasi, principalmente 4, tutte correlate alla gravità della sintomatologia della Sindrome della Bandelletta Ileo-Tibiale.
Fase Acuta
L’obiettivo del trattamento iniziale è quello di ridurre l’infiammazione locale e di produrre un’effettiva riduzione del dolore. In tutti i casi, la modifica dell’attività di allenamento è necessaria. In questo contesto, sicuramente si potrebbe agire suggerendo all’atleta di rimanere al di sotto del tempo o distanza alla quale il sintomo inizia a comparire.
Nei casi più severi, invece, si può optare per un completo stop dalle attività che aggravano il sintomo e quindi per la sostituzione delle stesse con altre forme di allenamento come il nuoto (usando solo le braccia). Il ghiaccio dovrebbe essere utilizzato con ripetute applicazioni per 10 minuti ogni ora. A questo può anche associarsi l’assunzione orale di antinfiammatori non steroidei e/o iniezioni di corticosteroidi, i quali si dimostrerebbero utili nella riduzione della risposta antinfiammatoria acuta.
Fase Subacuta
Alla riduzione della sintomatologia dolorosa può corrispondere una fase nella quale esercizi di stretching e di release miofasciale (scopri il nostro workshop sul Self Myofascial Release) possono prendere parte. Un approccio del genere, infatti, può aiutare a individuare e risolvere trigger points, contratture muscolari e adesioni miofasciali.
L’identificazione e la successiva eliminazione di queste restrizioni dovrebbe sempre precedere gli esercizi di forza e la rieducazione muscolare.
Fase di recupero e rinforzo
Gli esercizi di rinforzo possono essere inseriti una volta che il range of motion, così come le restrizioni miofasciali, siano state risolte. Inizialmente, si raccomanda di iniziare con esercizi a catena aperta, come ad esempio quelli di sollevamento delle gambe dal supino laterale.
Da questi, sarà poi possibile progredire ad esercizi a catena cinetica chiusa, come ad esempio gli esercizi di caduta pelvica o i lunges sul piano frontale.
Per tutti gli esercizi si consiglia di iniziare con 5-8 ripetizioni per poi gradualmente progredire verso 2-3 serie da 15 ripetizioni ripetendo ciascun esercizio per ambedue gli arti, sebbene quello sintomatico sia soltanto uno.
Fase di ritorno alla corsa
Il ritorno alla corsa dipende dalla gravità e dalla cronicità della condizione del soggetto. La maggior parte dei soggetti affetti dalla Sindrome della Bandelletta Ileo-Tibiale (SBIT) recupera pienamente in 6 settimane. Come regola generale, i soggetti possono ritornare a correre una volta che riescono ad eseguire tutti gli esercizi a catena cinetica chiusa e aperta con la giusta tecnica e senza avvisare dolore.
Viene anche raccomandato di iniziare alternando sempre un giorno di attività ad un giorno di completo recupero, almeno per la prima settimana, iniziando con sprint blandi in pianura ed evitando qualsiasi corsa in discesa per le prime settimane. Durante, invece, le successive 3-4 settimane possono inserirsi dei graduali aumenti, non solo nella distanza percorsa, ma anche nella frequenza di allenamento.
SOMMARIO E CONCLUSIONI
L’obiettivo di questo articolo era quello di offrire una visione generale della sintomatologia da Sindrome della Bandelletta Ileo-Tibiale (SBIT) e di fornire degli strumenti pratici al chinesiologo per la risoluzione di questa condizione nei propri clienti/atleti.
Abbiamo appurato come la letteratura si sia ancora dimostrata inconclusiva nel fornire una certa eziologia di questa sindrome, dato, questo, che potrebbe farne supporre un’origine multifattoriale.
Secondo una recente review, la letteratura internazionale si trova in disaccordo sulla correlazione tra SBIT e parametri quali ridotta forza muscolare ed endurance. Inoltre, una scarsa correlazione è stata vista esistere tra il tasso di forza dei muscoli abduttori, una maggiore rotazione interna del ginocchio durante il ciclo del passo e un minore grado di eversione del retropiede durante la fase di contatto col tallone.
Per concludere, mentre esistono differenti potenziali fattori associati alla SBIT, in letteratura vi è ancora paucità di informazioni riguardo la relazione causa-effetto dei fattori stessi.
Vuoi ricevere contenuti pratici e sempre aggiornati, come quelli citati in questo articolo? Allora non ti resta che diventare uno dei membri della nostra University Lab!
Seguici su Facebook per restare aggiornato sui prossimi corsi di formazione pensati per i Professionisti del Movimento!
Gabriele Dipasquale
Note sull’autore
Laurea in Scienze Motorie e Sportive (L-22) – Università degli studi dell’Aquila
Laurea Magistrale in Scienza e Tecnica dello Sport (LM-68) – Università degli studi dell’Aquila
Certificazione Self Myofascial Release – Training Lab Italia
Certificazione Personal Training for Health – Training Lab Italia
Certificazione Strength and Conditioning for Sports – Training Lab Italia
Certificazione Pilates Matwork Lab Level 1 – Training Lab Italia
Articolista Training Lab Italia
Membro University Lab
Premio Miglior Autore – Training Lab Italia
Bibliografia
- Strauss E. J. et al. ILIOTIBIAL BAND SYNDROME: EVALUATION AND MANAGEMENT (2011). JAAOS-Journal of the American Academy of Orthopaedic Surgeons, 19(12), 728-736.
- Fredericson M. & Weir A. PRACTICAL MANAGEMENT OF ILIOTIBIAL BAND FRICTION SYNDROME IN RUNNERS (2006). Clinical Journal of Sport Medicine, 16(3), 261-268.
- Charles D. & Rodgers C. A LITERATURE REVIEW AND CLINICAL COMMENTARY ON THE DEVELOPMENT OF ILIOTIBIAL BAND SYNDROME IN RUNNERS (2020). International journal of sports physical therapy, 15(3), 4
- Bleakley C. M. et al.; Gaming for Health: A Systematic Review of the Physical and Cognitive Effects of Interactive Computer Games in Older Adults (2015); Journal of Applied Gerontology.
- Pinho A. S. et al.; Can We Rely on Mobile Devices and Other Gadgets to Assess the Postural Balance of Healthy Individuals? A Systematic Review (2019);
- Laufer Y. et al.; Does a Wii-based exercise program enhance balance control of independently functioning older adults? A systematic review (2014); Clinical Interventions in Aging.
- Molina K. I. et al.; Virtual reality using games for improving physical functioning in older adults: a systematic review (2014); Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation.
- Leirós-Rodríguez R. et al.; Analyzing the Use of Accelerometers as a Method of Early Diagnosis of Alterations in Balance in Elderly People: A Systematic Review (2019);
- Van Diest M. et al.; Exergaming for balance training of elderly: state of the art and future developments (2013); Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation.
- Lange B. S. et al.; The Potential of Virtual Reality and Gaming to Assist Successful Aging with Disability (2010); Phys Med Rehabil Clin N Am 21.