LA VALUTAZIONE POSTURALE: QUARTO STEP

Data:

09/06/2021

Indice degli argomenti

Quarto di 5 articoli all’interno dei quali troverai quelli che, secondo il mio punto di vista, sono gli step da seguire per una valutazione posturale completa.

Consigli e spunti da mettere subito in pratica e racconti di campo. Ah, se non hai letto il terzo step lo trovi qui, altrimenti munisciti di carta e penna perché entriamo nella quarta fase.

 

LA DOVEROSA PREMESSA DI ROUTINE

In ogni step faccio sempre una piccola premessa e quella di oggi è la seguente: in questa fase analizzeremo le forze che le linee miofasciali esercitano sullo scheletro. Il risultato di queste forze esprimono la postura che osserviamo in statica e le limitazioni funzionali che ritroviamo in dinamica.

Per queste ragioni faremo un cenno sull’anatomia delle linee, ma non entreremo troppo nello specifico perché non basterebbe un articolo…forse neanche 100. Allo stesso modo, però, troverai una linea guida utile per orientarti ancor di più su quella che è la meravigliosa mappa chiamata corpo umano.

Ah dimenticavo, ti avrò fatto la testa come un pallone sulla frase che mi porto dietro come mindset del mio approccio, ma la reputo essenziale e quindi so che mi scuserai se la ripeto:

Quando possiedi solo un martello, tutta la vita intorno a te sembrerà un chiodo” –  A. Maslow –

 

corso valutazione posturale Training Lab Italia

 

COSA DEVO FARE AL QUARTO STEP?

Ricolleghiamo il filo fin qui.

Nel primo step abbiamo visto come l’history taking ovvero l’ascolto e la raccolta informazioni sul caso, servano non solo come base per il nostro RAGIONAMENTO CLINICO, ma per stabilire un rapporto con il soggetto, cosa che è già gran parte della terapia (Alleanza terapeutica ricordi?).

Nel secondo step invece, ho parlato di un “primo step bis”, cioè di come far diventare la raccolta informazioni un dato più oggettivo. Infatti, abbiamo elencato molti strumenti di alto valore scientifico ma di basso costo, come i questionari e le scale di valutazione, strumenti di valore che fanno di te un professionista.

Nel terzo step abbiamo allenato “l’occhiometro”, osservando il soggetto in statica. Da questa osservazione ci siamo ricavati informazioni riguardo le potenziali aree da cui potrebbero partire i disturbi. Applicando la verticale di Barrè, infatti, abbiamo potuto osservare non solo le varie asimmetrie dei segmenti, ma anche le sindromi che ci aiutano a circoscrivere l’area disfunzionale.

Adesso che abbiamo sempre più informazioni, non ci resta che entrare nel vivo della quarta fase andando a scoprire quali sono le forze in gioco per creare alcune alterazioni che osserviamo sempre in statica e che, secondo il nostro ragionamento, hanno portato il soggetto a rivolgersi a noi.

Prima di passare all’azione, ricorda la premessa che feci al terzo step: “la postura ideale non esiste”. La biologia fa il suo corso creando forme non sempre simmetriche e seguendo una via dove incontra meno resistenza.

Attenzione: quando dico che non esiste una postura ideale non intendo dire che non esiste una postura ottimale PER OGNI INDIVIDUO, ma semplicemente che non può esserci uno standard da seguire.

Let’s go!

 

 

GLI STIMOLI AL SISTEMA FASCIALE

È doveroso, prima di parlare di linee miofasciali, fare un cenno alle modifiche che vengono apportate al sistema fasciale quando riceve uno stimolo o subisce un insulto. Innanzitutto definiamo scientificamente il sistema fasciale:

“Il sistema fasciale è costituito dal continuum tridimensionale di tessuti connettivi fibrosi molli, contenenti collagene, tessuti connettivi fibrosi sciolti e densi che permeano il corpo. Incorpora elementi come tessuto adiposo, tonache avventizie e guaine neuro-vascolari, aponeurosi, fasce profonde e superficiali, epinevrio, capsule articolari, legamenti, membrane, meningi, espansioni miofasciali, periostea, retinacoli, setti, tendini, fasce viscerali e tutte i tessuti connettivi intramuscolari e intermuscolari compreso endomisio / perimisio / epimisio. Il sistema fasciale circonda, intreccia e compenetra tutti gli organi, muscoli, ossa e fibre nervose, dotando il corpo di una struttura funzionale e fornendo un ambiente che consente a tutti i sistemi del corpo di operare in modo integrato ” .

–  Schleip et Al. 2019

Da questa definizione scientifica, già si intuisce come tutto è connesso con tutto e come ogni modificazione di tale sistema possa influire sul movimento e sulla nostra postura. A seguito di traumi e stimoli indotti da esercizio corretto o scorretto, il sistema si modifica e tutto ciò si ripercuote sulla postura che assumiamo e sulla qualità dei nostri movimenti.

Detto questo, andiamo a vedere cosa succede quando lo stimolo crea alterazione al suddetto sistema.

Innanzitutto, dobbiamo dire che il connettivo deve essere in grado di scivolare tra i vari strati durante il movimento. Quando si verifica un’alterazione, quest’ultimo diminuirà la capacità di scivolamento, generando quella che viene definita “densificazione” ovvero un aumento di densità. In questo modo le proprietà meccaniche verranno modificate (alterando le afferenze), ma senza un cambiamento della sua struttura generale. Ciò fa aumentare la viscosità irrigidendo i tessuti (sembra esserci un importante ruolo dell’acido ialuronico in questo).

La densità sembra aumentare, per esempio, a seguito di esercizi ripetitivi sullo stesso gruppo muscolare (correnti piezo-elettriche che regolano la deposizione di collagene). Inoltre, la viscosità diminuisce con l’aumento di temperatura e ciò favorisce un maggiore scorrimento evitando traumi.

Insomma, se la fascia viene descritta da alcuni autori come un gel con una determinata viscosità, aumentando la temperatura questo gel diventerà più fluido (sol) favorendo il gliding (scorrimento) dei vari strati.  Ecco spiegata l’importanza di un corretto warm-up prima di un allenamento o di una performance.

Altro aspetto da considerare è che, a seguito di traumi o di un processo infiammatorio cronico, il tessuto può andare incontro a “fibrosi”. La fibrosi è simile al processo di cicatrizzazione, con la deposizione di quantità eccessive di tessuto connettivo fibroso che riflette un processo riparativo o reattivo. Può cancellare l’architettura e la funzione del tessuto coinvolto.

Ultimo, ma non meno importante, è il fenomeno del remodelling ovvero di rimodellamento ed organizzazione delle fibre collagene, in base allo stress di trazione a cui è sottoposto. Il remodelling avviene in presenza di stimoli meccanici o all’assenza di stimoli (che sono pur sempre una tipologia di stimolo, se ci pensi).

Pensiamo ad esempio ad un soggetto sedentario: non sottoponendo il sistema a stress meccanici indotti dall’allenamento, le fibre collagene risulteranno disorganizzate e non competenti a distribuire le forze meccaniche date dal movimento. Di contro, un atleta avrà un’organizzazione ben determinata delle fibre che rispecchia lo stress di trazione a cui è sottoposto il sistema.

Insomma, ad ogni stimolo abbiamo una reazione ed un adattamento di questo sistema. Il tessuto reagisce in poco tempo allo stimolo, ma per avere degli adattamenti a lungo termine alcuni studi parlano di tempi che possono variare dai 300 ai 500 giorni.

Va bene, non mi dilungo, anche se l’argomento meriterebbe approfondimenti, potremmo parlare delle caratteristiche della MEC (Matrice ExtraCellulare) e di tante altre cose, ma non perdiamo il focus e portiamoci a casa da questo paragrafo 5 keypoint:

  1. il sistema fasciale connette tutto;
  2. gli stimoli indotti da traumi o movimenti modificano questo sistema;
  3. la densificazione non modifica l’architettura generale;
  4. la fibrosi modifica l’architettura;
  5. il sistema si adatta in base allo stress di trazione.

Quindi, come una tuta, il sistema riveste il corpo e noi, attraverso l’osservazione, possiamo notare come questa tuta si modifica e produce spostamenti e tensioni dei vari segmenti corporei.

 

LE LINEE MIOFASCIALI

Sono consapevole che non basterebbe qualche paginetta per descriverle ed infatti farò solo un breve accenno, ma considera che noi di Training Lab Italia dedichiamo un corso di ben 2 fine settimana, dove ne analizziamo l’anatomia funzionale, pratichiamo test e ragioniamo su quelle che potrebbero essere le strategie correttive (scopri il corso di “Functional and Postural Recovery ” riservato ai professionisti delle Scienze Motorie).

Le possiamo trovare in nomenclature diverse: catene miofasciali, linee miofasciali, meridiani miofasciali o catene muscolari, e gli autori che hanno contribuito alla diffusione dei concetti sono svariati come Denys-Struyff, Busquet, Souchard, Thomas Myers e via discorrendo. Ma la sostanza è una: una concatenazione di muscoli connessi da fascia (perimisio ed endomisio formano connessioni intramuscolari, l’epimisio quelle intermuscolari) che trasmettono tensione, generano forze, consentendo a tutti i sistemi di cooperare.

Considerando che il corpo è un’entità unica e che tutti i sistemi vengono “governati” dal nostro SNC sarebbe più idoneo parlare di UNITÁ NEURO-MIO-FASCIALI, ma questa è un’altra storia. Quindi, bando alle ciance e passiamo velocemente in rassegna queste linee miofasciali prendendo come riferimento la descrizione di Myers.

L’autore descrive le seguenti Linee:

  • LSP: Linea Superficiale Posteriore;
  • LSF: Linea Superficiale Frontale;
  • LPF: Linea Profonda Frontale;
  • LL: Linee Laterali (Quella di destra e quella di sinistra);
  • LS: Linee Spirali (Anche queste sono 2);
  • LB: Linee del Braccio (Profonda e Superficiale sia anteriore che posteriore);
  • LF: Linee Funzionali (Una anteriore, una posteriore e 2 laterali);

 

linee miofasciali

Thomas W. Myers – Anatomy Trains_ Myofascial Meridians for Manual and Movement Therapists

 

Ognuna di queste linee viene suddivisa in “stazioni muscolari” ovvero i muscoli che fanno parte di questa linea, e “stazioni ossee” ovvero le ossa che coinvolgono. Diciamo che, intese così, si comprende bene quanto sia riduttivo parlare dell’azione, dell’origine e inserzione del singolo muscolo, perché il movimento si genera attraverso l’azione sinergica dell’unità neuro-mio-fasciali e non in modo isolato.

Insomma, il mio consiglio è: dopo aver superato l’esame di anatomia, cerca di mettere insieme i pezzi del puzzle studiando queste linee se vuoi capire davvero come si muove il corpo.

Torniamo a noi, non andremo nello specifico linea per linea ma vedremo quali sono le funzioni generali, cercando di semplificarle per orientarci al meglio nella nostra valutazione.

 

 

Linea Superficiale Posteriore

 

linea superficiale posteriore

Thomas W. Myers – Anatomy Trains_ Myofascial Meridians for Manual and Movement Therapists

 

Dalla fascia epicranica alla fascia plantare, questa linea si estende sulla superficie posteriore del corpo dividendosi in 2: dai muscoli sub-occipitali in giù, (una di destra e una di sinistra) dando estensione in contrazione concentrica e resistendo alla flessione (contrazione eccentrica) indotta dalla gravità o dalla contrazione della linea contrapposta, la linea superficiale frontale.

È importante dire che le 2 linee superficiali contrapposte (frontale e posteriore) devono controbilanciarsi sempre: uno squilibrio potrebbe portare a disfunzioni. Inoltre la funzione di estensione subisce un’eccezione a livello dell’articolazione del ginocchio dove effettua l’esatto contrario, ovvero la flessione. Quando il ginocchio è steso possiamo sentire tutta la linea ingaggiata effettuando un semplice bending test.

 

Linea Superficiale Frontale

 

Linea Superficiale Frontale

Thomas W. Myers – Anatomy Trains_ Myofascial Meridians for Manual and Movement Therapists

 

Dallo SCOM (muscolo sterno-cleido-occipito-mastoideo) agli estensori delle dita del piede, questa linea si estende sulla superficie frontale del corpo, dando la flessione in contrazione concentrica e contrastando l’estensione data dalla contrazione della LSP.

Ha come scopo posturale di controbilanciare la LSP e, come la precedente, fa un’eccezione a livello del ginocchio, questa volta estendendo anziché flettere. Insieme alla LSP bilancia il piano sagittale del corpo.

 

Linea Profonda Frontale

 

linea profonda frontale

Thomas W. Myers – Anatomy Trains_ Myofascial Meridians for Manual and Movement Therapists

 

Interposta tra le precedenti, parte dalla lingua e muscoli masticatori fino ad arrivare al tibiale posteriore che innalza l’arco plantare, passando per il diaframma, psoas e pavimento pelvico.

Sapete che funzione di movimento ha? Nessuna, anzi tutte!

Contraendosi non muove il corpo ma lo stabilizza in tutti i suoi movimenti, rientra in tutti i movimenti delle altre linee, è il VERO CORE del nostro corpo.

 

Linee Laterali

 

linee laterali

Thomas W. Myers – Anatomy Trains_ Myofascial Meridians for Manual and Movement Therapists

 

Immaginatele bilateralmente come 2 elastici che partono dallo splenio del capo e dallo SCOM ed in direzione caudale abbracciano gli intercostali, gli obliqui e così via lateralmente arrivando fino ai muscoli fibulari come il peroneo lungo.

Hanno la funzione di bilanciare il piano coronale e mediare alcuni movimenti delle altre linee. Contraendosi inclinano rispettivamente lateralmente e resistono eccentricamente alla contrazione della controlaterale.

 

Linee Spirali

 

linee spirali

Thomas W. Myers – Anatomy Trains_ Myofascial Meridians for Manual and Movement Therapists

 

Avvolgono il corpo in una doppia elica, dal m. splenio della testa ruotando posteriormente sui romboidi, poi dentato anteriore e così via fino ad arrivare al tensore della fascia lata del lato opposto, per poi scendere giù fino al tibiale anteriore. “Fulcra” sul primo cuneiforme (osso del piede) da dove riparte il muscolo peroniero lungo, che risale col bicipite femorale e, passando per gli erettori della colonna, arriva di nuovo sul capo. Affascinante!

Come si può intuire, compie e media le torsioni e offre tensione agli arti inferiori, in particolare a livello del piede dove si forma una sorta di puleggia governata da tibiale anteriore e peroniero lungo che, agganciandosi entrambi sul primo cuneiforme, mediano i movimenti elicoidali del piede.

 

Linee del Braccio

 

linee del braccio

Thomas W. Myers – Anatomy Trains_ Myofascial Meridians for Manual and Movement Therapists

 

Anteriormente dalla gabbia toracica alla mano e posteriormente dalla colonna dorsale sempre alla mano. Sono queste le linee del braccio, linee che connettono gli arti superiori alle altre linee cardinali, su cui trovano spesso compenso, influenzando la posizione di segmenti come la scapola o il collo.

 

Linee Funzionali

 

linee funzionali

Thomas W. Myers – Anatomy Trains_ Myofascial Meridians for Manual and Movement Therapists

 

Sono divise in: posteriore, frontale e laterale. La posteriore connette in senso crociato il m. gran dorsale fino al ginocchio passando per il grande gluteo. La frontale dal gran pettorale fino agli adduttori e la laterale dal gran dorsale fino al sartorio.

Entrano in gioco nelle attività sportive e funzionano sempre con dei pattern elicoidali. Non hanno una grande funzione posturale anzi, prendendo come esempio un pallavolista che schiaccia con la mano dominante, reclutando queste linee in modo perpetuo, potrebbe manifestare schemi di compenso che possono palesarsi sotto forma di instabilità di spalla.

L’importanza di conoscere certi pattern ci permette di capire dove agire per ridare tensione e quindi stabilità alle articolazioni coinvolte.

 

 

QUALI SCHEMI OSSERVARE

Una volta conosciute in modo generico le linee miofasciali dovremmo fare 2 cose:

  1. valutarle in statica, immaginando come se “vestissero” il soggetto che abbiamo di fronte;
  2. valutare il soggetto in dinamica, attraverso determinati test, cercando di capire quali linee o segmenti di linee limitano il movimento o non offrono la giusta tensione (questo in particolare lo vedremo nel prossimo articolo).

valutazione linee miofasciali

 

Cosa molto importante è che ogni segmento della linea può subire delle “fissazioni in accorciamento” e di conseguenza porterà parte della linea antagonista a delle “fissazioni in allungamento”. Quello che va osservato ai fini della correzione sono proprio gli accorciamenti, perché rappresentano la priorità nel trattamento.

Sarà utile dal mio punto di vista, prima “liberare” le strutture da questi accorciamenti, per poi riequilibrare la linea, ed infine ridare tensione.

Sia chiaro, non vedremo tutti gli schemi disfunzionali possibili ed immaginabili linea per linea, sia perché sarebbe come calcolare le probabilità della sestina vincente del supernalotto, sia perché non ci sarebbe il tempo necessario. So bene che ti piacerebbe conoscerli tutti, ma sappi che sono a lavoro per scrivere un libro sull’argomento quindi hai la mia promessa che avrai modo di soddisfare le tue curiosità.

Andiamo a vedere cosa possiamo osservare nelle varie linee.

 

ALCUNI SCHEMI DISFUNZIONALI SULLA LSP

Decorrendo posteriormente e sdoppiandosi in una destra ed una sinistra, questa linea può presentare degli accorciamenti su varie porzioni. Ovviamente, come indicano diversi autori tra cui Myers, ogni accorciamento produce uno scivolamento delle altre porzioni di linea, un po’ come una coperta che, se tensionata, da un estremo scivola verso la tensione dall’estremo opposto. Ragion per cui uno degli schemi che potremmo trovare, ad esempio, è l’iperlordosi lombare, perché in quella porzione la linea è accorciata e questo potrà dare una limitazione nel movimento di flessione.

Un altro schema interessante da valutare è la rotazione del ginocchio. Sappiamo che biomeccanicamente la rotazione del ginocchio è compiuta dal bicipite femorale in senso laterale, e da semitendionoso e semimembranoso in senso mediale. Avere un accorciamento di uno dei seguenti muscoli può portare la tibia in intra o extra-rotazione, mettendo il soggetto a rischio lesione. Questo schema è osservabile mettendo in relazione il centro della rotula con la tuberosità tibiale. Una volta fatto sarà facile intuire quale gruppo muscolare sarà in accorciamento.

Altri schemi li possiamo trovare sul piede, sulla zona cervicale e così via.

schemi disfunzionali sulla linea superficiale posteriore

 

ALCUNI SCHEMI DISFUNZIONALI SULLA LSF

Intuitivamente, quando parliamo della zona frontale, immaginiamo questa linea come se dal dorso del piede arrivasse al volto. In realtà, arrivata allo sterno, questa linea devia posteriormente andandosi a fissare sulle mastoidi dell’osso temporale e sull’occipite. Per queste motivazioni, uno degli schemi che ci indicano che è coinvolta la LSF è proprio lo spostamento del capo in avanti con conseguente estensione della parte cervicale alta.

Sarà nostra bravura, poi, capire cosa ha portato a quell’accorciamento e dove si trova il segmento su cui lavorare. Se è vero che sulla LSP possiamo trovare iperlordosi lombare, sulla LSF invece possiamo trovare l’esatto opposto ovvero una tendenza alla rettilinizzazione della curva. Questo si verifica perché, accorciando parte della LSF che trova aggancio sul bacino, si potrebbe generare un tilt posteriore dello stesso, portando la colonna ad adattarsi.

schemi disfunzionali sulla linea superficiale frontale

 

ALCUNI SCHEMI DISFUNZIONALI SULLA LPF

Sulla LPF gli schemi sono “profondi” e spesso riusciamo anche a discriminarli attraverso una dettagliata anamnesi, non per forza solo tramite l’osservazione.

Considerando che si estende dai muscoli masticatori e lingua fino alla parte più profonda del piede, tra i tanti schemi potremmo trovare: disfunzioni dell’ATM (sempre dati da tensioni muscolari e non come si pensava fino agli inizi del 2000 fossero essi la causa di disfunzioni posturali), deglutizione disfunzionale (la linea alba è la continuazione del frenulo linguale ricordi?), arco plantare collassato, disfunzione del pavimento pelvico e cosi via su tutti i segmenti della linea.

 

schemi disfunzionali sulla linea profonda frontale

Thomas W. Myers – Anatomy Trains_ Myofascial Meridians for Manual and Movement Therapists

 

ALCUNI SCHEMI DISFUNZIONALI SULLE LL

Abbiamo detto di immaginarle come 2 elastici ai lati del nostro corpo e, infatti, se accorciassimo uno di questi elastici in un tratto del suo percorso avremo sicuramente un’inclinazione laterale con adattamento della colonna.

Non solo, se invece provassimo ad accorciare entrambe le linee, destra e sinistra, quello che si genererebbe è una compressione della colonna con conseguenza soprattutto sulla lombare.

Infine, una tensione sulla linea potrebbe generare anche un’eversione del piede ed un valgismo del ginocchio. Sul pattern dinamico di queste linee faremo un breve cenno al quinto step.

schemi disfunzionali sulle linee laterali

 

ALCUNI SCHEMI DISFUNZIONALI SULLA LS

Abbiamo detto in precedenza che le LS mediano le torsioni del corpo e, visto il loro passaggio dal m. dentato anteriore alla SIAS (spina iliaca antero-superiore) opposta, quello che si può creare è un accorciamento di questa porzione che noi possiamo osservare come un avvicinamento dell’angolo costale inferiore verso la SIAS opposta appunto. Questo coinvolge l’articolazione della spalla in quanto proprio il dentato anteriore che si aggancia sul margine mediale interno della scapola, trazionato verso la SIAS, fa slittare la scapola stessa in una abduzione e depressione.

Abbiamo anche detto che la LS, arrivando sul piede, forma una puleggia tra tibiale anteriore e peroniero lungo sul primo cuneiforme. Una tensione su uno dei 2 muscoli può mostrarsi a noi come un piede pronato o supinato.

schemi disfunzionali sulle linee spirali

 

ALCUNI SCHEMI DISFUNZIONALI SULLA LB

Essendo agganciate alle linee cardinali quello che possiamo trovare su queste linee non è sempre ben visibile all’osservazione. Per queste ragioni una buona raccolta di informazioni sul soggetto potrebbe fornirci indicazioni preziose.

Problematiche come torcicollo, sindrome del tunnel carpale, cervico-brachialgie e così via, sono segni che su queste linee sono presenti delle tensioni anomale.

 

ALCUNI SCHEMI DISFUNZIONALI SULLA LF

Per il fatto che queste linee entrino in gioco durante i movimenti e nella performance, andrebbero testate sull’efficienza dinamica e non in statica. Infatti, come detto in descrizione, le LF creano alterazioni quando perdono di tensione, rendendo instabili articolazioni come spalla, anca, ginocchio e non solo.

Per queste ragioni vedremo qualche test al prossimo articolo.

 

CONSIDERAZIONI FINALI ED APPUNTAMENTI 

Grazie nuovamente per essere arrivat* fin qui, hai aggiunto un altro tassello fondamentale per completare la tua valutazione posturale da professionista.

Adesso hai un punto di vista in più quando attui l’osservazione del tuo soggetto e, nonostante io abbia semplificato alcuni concetti, ricordati che non è così semplice fare una valutazione o ragionare su un caso. Tutto ciò richiede tanta tanta pratica, studio ed aggiornamento continuo.

Prima di ricordarti alcuni appuntamenti ti voglio lasciare con altri 2 concetti fondamentali che emergono dalle domande che mi vengono poste durante il corso di “Functional and Postural Recovery”.

Eccoti le domande e le mie conseguenti risposte:

  • Domanda: Marcello, gli schemi che troviamo coinvolgono sempre e soltanto una linea?
  • Risposta: No, gli schemi possono coinvolgere più linee e più si protrae nel tempo la tensione e più troverà sostegno su altre strutture facenti parte di altre linee, dando così alterazioni anche su quest’ultime. Insomma, mai considerare schemi standard per tutti ma partire da ciò che si conosce per ricostruire il percorso mentale.

 

  • Domanda: Marcello, una volta capito e osservato lo schema, cosa fare?
  • Risposta: Dobbiamo capire quali sono le unità miofasciali coinvolte che mantengono le tensioni e la struttura scheletrica in quel modo, a quali linee miofasciali appartengono queste unità miofasciali, ed infine come sono coinvolte in questo pattern. Così capiremo dove agire per poi rivalutare.

Come vedi, alla fine di questo quarto step, l’argomento diventa sempre più affascinante quanto complesso.

È per questo che dedichiamo un intero corso per fare pratica e ragionare sui casi. Il corso viene tenuto una sola volta l’anno, e come sempre finisce sold out in meno di un mese dall’inizio iscrizioni.

Nell’augurio di incontrarti al corso, studia, impara, metti in pratica, sbaglia, migliora e ci vediamo all’ultimo step per concludere la nostra valutazione posturale: continua a seguirci per non perderlo!

 

Dott. Marcello Di Finizio
Note sull’autore

 

BIBLIOGRAFIA

  • Schleip R, Hedley G, Yucesoy CA. Fascial nomenclature: Update on related consensus process. Clin Anat. 2019;
  • Gatt A, Agarwal S, Zito PM. Anatomy, Fascia Layers. 2020 Aug 15. In: StatPearls [Internet]. Treasure Island (FL): StatPearls Publishing; 2021;
  • Schleip R, Jäger H, Klingler W. What is ‘fascia’? A review of different nomenclatures. J Bodyw Mov Ther. 2012; 
  • Thomas W. Myers – Anatomy Trains_ Myofascial Meridians for Manual and Movement Therapists. 2020;
  • Pavan PG, Stecco A, Stern R, Stecco C. Painful connections: densification versus fibrosis of fascia. Curr Pain Headache Rep. 2014;
  • Tadmor R, Chen N, Israelachvili JN. Thin film rheology and lubricity of hyaluronic acid solutions at a normal physiological concentration. J Biomed Mater Res. 2002;
  • Jha BK, Mitra N, Rana R, Surolia A, Salunke DM, Datta K. pH and cation-induced thermodynamic stability of human hyaluronan binding protein 1 regulates its hyaluronan affinity. J Biol Chem. 2004.
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