Dopo un approfondimento sul dolore neuropatico, vediamo com gli esercizi di Neural Glinding sembrino rappresentare una possibile soluzione nel trattamento di questa tipologia di dolore.
La percezione del dolore è sofferenza
“Il dolore non è altro che la sorpresa di non conoscerci.”
ALDA MERINI
Se volessimo dare una forma all’esistenza, potremmo dire che questa assomiglia ad un’intricata rete di interazioni. Infatti, qualsiasi oggetto, nel senso più ampio del termine, può esistere dal momento che è in relazione con qualcos’altro.
Anche noi facciamo parte di questa natura delle cose: iniziamo ad esistere grazie ad un’interazione (spermatozoo e cellula uovo), ci sviluppiamo grazie alle interazioni e appena veniamo al mondo facciamo parte di esso.
Cosa ci mette in relazione con le altre cose?
La generazione di qualsiasi interazione tra noi e il mondo, prendiamo come esempio il dolore, coinvolge quattro elementi fondamentali:
- Trasduzione, una funzione dei nocicettori che converte la stimolazione nociva in segnali nocicettivi;
- Trasmissione, un processo che invia segnali nocicettivi lungo le fibre nervose al sistema nervoso centrale;
- Trasformazione o plasticità, un meccanismo che modula i segnali nocicettivi nei siti sinaptici e a livello del sistema nervoso centrale, attraverso la facilitazione e l’inibizione ascendente, discendente o regionale;
- Percezione, una componente chiave dell’esperienza clinica del dolore che integra risposte cognitive ed affettive-emotive.
È soprattutto la percezione il livello in cui si crea la relazione col mondo, perché è qui che abbiamo coscienza di ciò che “sentiamo”.
Noi non abbiamo consapevolezza dello stimolo in sé, ma di ciò che elaboriamo come prodotto in funzione dello stimolo primario.
Se osserviamo la Montagna Sainte-Victoire di Cézanne, non distinguiamo il rimbalzo dei fotoni sui nostri occhi (lo stimolo), ma lo splendido paesaggio rappresentato (percezione).
I Gestaltisti direbbero von Augen gestellt (posizionato davanti agli occhi), ciò che compare allo sguardo, ovvero la forma. Da ogni esperienza percettiva si ottiene una immagine totale a cui la mente attribuisce un significato, derivante da singoli dettagli che fungono da sfondo della figura, come nel caso del vaso di Rubin.
Il vaso di Rubin gioca un effetto percettivo sulla figura-sfondo, correlando lo stimolo percepito (la figura), ad uno sfondo. In base a dove concentriamo l’attenzione percepiamo un vaso oppure due volti. Questo tipo di percezioni sono dette reversibili, ovvero si può confondere la figura con lo sfondo e viceversa.
Dunque la percezione è, a mio avviso, un tutto integrato, è qualcosa di più che il semplice atto finale di un processo di elaborazione delle informazioni, ma è un fare proprio il mondo esterno o interno.
Prendiamo come esempio una carezza.
Per la maggior parte di noi è un gesto di amore, di tenerezza, che provoca sollievo. Ciò che abbiamo considerato è il nostro elaborato, il significato che gli abbiamo attribuito.
Ma non è così per tutti. Se una carezza vi provocasse dolore, la considerereste ancora in questi termini?
Se questo fine sistema di controllo per qualche ragione non funzionasse, potrebbe insorgere quel dolore (anche se io preferirei il termine sofferenza) chiamato neuropatico di cui non riesci a dare un significato, perché ti accompagna sempre senza un’apparente causa.
In questo stato di cose, gli esercizi di neural glides possono tornare utili?
Il dolore neuropatico: definizione
La IASP nel 2010 ha fornito la definizione di dolore neuropatico (NP) come un “dolore che sorge in conseguenza diretta di una lesione o malattia che colpisce il sistema somatosensoriale” da una vasta gamma di potenziali cause.
Tra le varie sindromi che presentano dolore neuropatico annoveriamo le radicolopatie cervicali o lombari, neuropatie diabetiche, cancro, HIV, trauma spinale, nevralgia del trigemino, amputazioni, sclerosi multipla o ad altri tipi di malattie neurodegenerative come la malattia di Parkinson.
La prevalenza di NP è stimata a essere tra il 7% e il 10% nella popolazione generale, ma fino al 20–25% nei pazienti che riferiscono dolore cronico (Steven P Cohen and Jianren Mao, 2014).
La classificazione può seguire la localizzazione della disfunzione come centrale, se colpisce il sistema nervoso centrale, oppure periferica, se colpisce il sistema nervoso periferico come nel dolore associato alla compressione del nervo.
Quando la sorgente di dolore neuropatico è una radice dorsale o il suo ganglio, si parla di dolore radicolare. Da non confondere con la radicolopatia: perdita oggettiva della sensorialità e/o funzione motoria, come risultato del blocco di conduzione negli assoni di nervo spinale o sue radici che non necessariamente porta a dolore.
A livello didattico possiamo riconoscere caratteristiche specifiche che portano a considerare un tipo di dolore come neuropatico e quindi non nocicettivo, ma questa distinzione è meno marcata a livello di pratica clinica.
Questo perché, soprattutto per quanto riguarda il dolore cronico, dolore nocicettivo e dolore neuropatico spesso convivono all’interno della stessa condizione clinica e possono essere considerati componenti dello stesso dolore.
Nonostante ciò, il dolore neuropatico può e deve essere distinto dal dolore non neuropatico da diversi fattori:
- Nel dolore neuropatico non c’è necessariamente trasduzione. Il danno tissutale colpisce direttamente il sistema nervoso, determinando la generazione di scariche ectopiche, cioè esterne rispetto alla sede normale di produzione. Le scariche ectopiche possono dare origine a dolore spontaneo e possono provenire dal ganglio della radice dorsale, altri punti lungo un nervo danneggiato o persino fibre adiacenti non lese.
- La prognosi è purtroppo peggiore. È più probabile che una lesione ai nervi principali provochi dolore cronico rispetto a una lesione al tessuto non nervoso. Inoltre, si associano più comorbilità.
- Il dolore neuropatico tende ad essere più refrattario del dolore non neuropatico agli analgesici convenzionali, come i farmaci antinfiammatori non steroidei e gli oppioidi.
- Il dolore neuropatico ha spesso disfunzioni sensoriali come l’allodinia e l’iperalgesia o segni negativi di perdita di sensibilità.
Sebbene molte forme di dolore nocicettivo e alcune forme di dolore neuropatico possano conferire benefici evolutivi, il dolore neuropatico cronico è sempre disadattivo.
Ti consigliamo questi corsi Segni e sintomi dolorosi che si verificano in un’area di sensazione alterata sono i segni distintivi della neuropatia. Tuttavia, il dolore, può variare tra i pazienti e anche all’interno di singoli pazienti nel tempo. Caratteristiche cardinali includono: Il dolore spontaneo può essere percepito come: Questi segni e sintomi possono coesistere in un’area con una perdita di sensazioni afferenti (intorpidimento). Il dolore neuropatico ha una distribuzione dermatomerica, vale a dire che segue le aree innervate dalla radice spinale e successivi nervi ove si può localizzare la disfunzione. La localizzazione può però anche manifestarsi in zone non direttamente coinvolte. Inoltre, è un dolore molto più ballerino rispetto al nocicettivo: vuol dire che ha andamenti di intensità differenti durante l’arco della giornata. Il trattamento dovrebbe concentrarsi sull’intera persona, non solo sul dolore come concetto in sé. Capire i meccanismi del dolore e la persona che abbiamo di fronte è accettato come migliore rispetto ad aver un focus solo sulla causa del dolore. Purtroppo, nella pratica clinica non è così semplice. La moltitudine di diversi meccanismi, non sempre facilmente individuabili, come la componente affettivo-motivazionale del dolore cronico, fattori esterni come l’ambiente ed interni, si discostano in modo notevole dai modelli studiati in laboratorio in ambito preclinico. La realtà è differente dagli studi effettuati. Così che spesso nel dolore neuropatico i farmaci sono scarsamente efficaci e non è facile approcciarsi a questa condizione clinica tramite l’esercizio fisico. L’obiettivo dovrebbe essere quello di ottimizzare la possibilità del paziente di effettuare un recupero funzionale in riabilitazione, migliorando la tolleranza all’esercizio e aumentando la qualità della vita. L’esercizio fisico può agire sugli input sensoriali, sulla percezione e sulla rielaborazione dell’esperienza dolorifica. Di seguito propongo i principi dei neural glides, che potrebbero, in alcune condizioni di dolore neuropatico, come nell’intrappolamento della fibra nevosa, essere utilizzate come parte del trattamento di queste condizioni cliniche. Infatti, i disturbi dei nervi periferici, come intrappolamento e sindromi da compressione, possono comportare modifiche al tessuto nervoso inclusa una ridotta mobilità, aumentata meccanosensibilità, ridotta conduzione nervosa, ischemia nervosa, inibizione del trasporto assonale ed edema intraneurale. Ti consigliamo questi corsi La mobilizzazione neurale è una modalità di trattamento utilizzata in relazione alle patologie del sistema nervoso. Le mobilizzazioni neurali sono definite come interventi volti ad influenzare le strutture neurali o il tessuto circostante (interfaccia) direttamente o indirettamente attraverso tecniche manuali o esercizio. Lo scopo della mobilizzazione neurale è ripristinare la funzione meccanica e neurofisiologica del nervo influenzando: Per neurodinamica si intende la biomeccanica integrata alle funzioni fisiologiche e morfologiche del sistema nervoso. L’adattabilità del sistema nervoso ai continui carichi meccanici del corpo che lo portano in allungamento, scorrimento, compressione, è una prerogativa fondamentale per la buona salute di questo sistema. Ripetuti traumi sul nervo che non ben si adatta alle sollecitazioni, portano alla creazione di un edema. Il problema è che l’endonevrio, avendo una scarsa densità di vasi linfatici, non è in grado di drenare il fluido. Potremmo dire che l’endonevrio è per la fibra nervosa ciò che l’endomisio è per la fibra muscolare. L’accumulo di edema porta a aderenze, ridotta scorrevolezza e fibrosi. La fibrosi a sua volta provoca un ispessimento della sezione trasversa del nervo che va ulteriormente a comprimersi sulle altre strutture con cui si interfaccia. Tutto ciò influisce sulla neurodinamica anche in assenza di danni assonali gravi e significativi. Possono verificarsi cambiamenti morfologici, cambiamenti somatosensoriali e infiammazione della guaina nervosa, che portano a dolore neuropatico. In questo complicato quadro, gli esercizi di neural glides sono risultati efficaci nel ripristino di un buon movimento e salute della fibra nervosa. Gli esercizi di neural glides si dividono in: Una systematic review del 2017 ha raccolto articoli compresi tra il 2008 e il 2014 per identificare l’efficienza delle tecniche di mobilizzazione nervosa nelle condizioni neuro-muscolo schletriche, in particolare sui sottogruppi di: Quaranta studi, per un totale di 1759 partecipanti, sono stati inclusi nella recensione, di cui 11 studi per LBP. Cinque di questi studi hanno valutato la mobilizzazione nella slump position che ha portato a miglioramenti significativi nel dolore e nella disabilità. Quattro studi hanno valutato tecniche di scivolamento laterale cervicale e tutti hanno riportato un miglioramento significativo del dolore per i gruppi che ricevono le mobilizzazioni neuronali. Così come nella sindrome del tunnel carpale sono stati visti effetti neurofisiologici positivi. Quattro studi hanno utilizzato le tecniche per altre condizioni, compresa la sindrome del tunnel tarsale, dolore al tallone plantare, con risultati positivi. “Il dolore accarezza la natura della persona che lo sente”, scriveva Aristotele, connotando la natura emozionale del dolore. Per molti secoli il retaggio della filosofia greca ha portato la visione di contrapposizione del dolore al piacere. Soltanto con il dualismo di Cartesio si è spostato il centro del dolore dal cuore al cervello, teorizzando che il dolore è a causa di impulsi nervosi prodotti da una lesione e trasmessi direttamente a un centro del cervello. Cartesio però percepiva il dolore come una sensazione del tutto, indipendente dalla psiche della persona. Ci sono voluti circa 300 anni per evolvere ancora questa concezione. Nel 1965, uno psicologo canadese, Ronald Melzack, e un inglese, il neuroscienziato Patrick David Wall, hanno proposto che i segnali di dolore non erano liberi di raggiungere il cervello non appena erano stati generati nel sito di lesioni. La scoperta è rivoluzionaria: il cervello non è più un ricevitore passivo del dolore, ma può influenzare le informazioni ricevute. Ora a distanza di 41 anni dalla prima definizione scientifica moderna di dolore, sono stati fatti ulteriori passi in avanti sulla sua natura, eppure continua ad essere una candela accesa nella notte: dietro ogni luce getta ancora ombre. Simone Antonielli Note sull’autore Laurea triennale in Scienze Motorie e Sportive, Università degli studi dell’Aquila Certificazione “Functional and postural recovery” presso Training Lab Italia Sei uno studente o un laureato in Scienze Motorie e vuoi specializzarti nelle tecniche d’esercizio per la mobilizzazione nervosa? Scopri il nostro workshop sulle Neural Glides Techniques che ti permetterà di acquisirle e provarle concretamente! Ti consigliamo questi corsi I MIGLIORI CORSI PER STUDENTI E LAUREATI IN SCIENZE MOTORIE Scopri i prossimi corsi e scegli quello che fa per te! Ti consigliamo questi corsi Training Lab News TRAINING LAB ITALIA - S.R.L.S. P.IVA 02202690687 Richiedi il tuo codice sconto del 10% su tutti i nostri corsi.Sintomi e segni clinici del dolore neuropatico
Terapia e trattamento del dolore neuropatico
Gli esercizi di Neural Glides come parte del trattamento
Considerazioni finali
Laurea magistrale in Scienze Motorie Preventive e Adattative, Università degli studi dell’Aquila
Certificazione “Strenght and Conditioning Buzzichelli edition” presso Training Lab ItaliaBibliografia
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