HIGH INTENSITY INTERVAL TRAINING IN SOGGETTI COLPITI DA ICTUS

Data:

16/02/2021

Indice degli argomenti

CHE COS’E’ L’ICTUS?

L’ictus è un danno cerebrale che si verifica quando l’afflusso di sangue diretto al cervello si interrompe improvvisamente per la chiusura o la rottura di un’arteria.

Nel primo caso si parla di infarto cerebrale o “ictus ischemico” che è la forma di più frequente osservazione. Nel secondo caso, invece, si parla di un’emorragia cerebrale o “ictus emorragico” ed è la forma più grave poiché può condurre alla morte in oltre il 50% dei casi.

I meccanismi che causano l’evento si possono sintetizzare in due fasi:

  1. La chiusura o l’ostruzione delle arterie che portano il sangue al cervello, si verifica spesso in seguito alla formazione di depositi di grasso a carico delle arterie.
  2. Il meccanismo che conduce alla rottura di un’arteria è da far risalire all’indurimento delle pareti dei vasi causato dall’azione persistente nel tempo di elevati valori di pressione sanguigna.

Il risultato finale è una sofferenza delle cellule nervose che non ricevono più i nutrimenti e l’ossigeno necessari per la loro sopravvivenza.

Le arterie cerebrali perdono di elasticità, in alcuni punti si assottigliano, diventano meno resistenti e si rompono facilmente in seguito a sbalzi pressori anche minimi.

 

LE CONSEGUENZE DELL’ICTUS

Le conseguenze di un ictus, sia ischemico che emorragico, dipendono dalla parte del cervello che viene danneggiata: dopo un ictus una persona può avere difficoltà al movimento, per una paralisi degli arti di un lato del corpo, difficoltà di linguaggio o di pensiero.

La riabilitazione post ictus può fare molto per il recupero funzionale causato da questi deficit che, tuttavia, hanno un impatto significativo sulla qualità della vita.

Come già accennato, purtroppo in molti casi l’ictus è mortale o lascia segni gravi per la salute, come difficoltà nel parlare oppure una paresi. C’è da sottolineare che il 40-90% delle persone che hanno avuto un ictus era ipertesa prima del verificarsi dell’evento acuto, ciò sta a significare che uno stile di vita attivo seguito da una corretta alimentazione sono le principali armi di prevenzione contro l’insorgenza di questa problematica molto diffusa.

 

UN PO’ DI NUMERI…

L’ictus conta in Italia circa 200.000 casi l’anno, di cui l’80% sono nuovi episodi e il 20% recidive che riguardano soggetti precedentemente colpiti.

In Italia l’ictus è la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, e rappresenta la principale causa d’invalidità.

Nel nostro Paese il numero di soggetti che hanno avuto un ictus e sono sopravvissuti, con esiti più o meno invalidanti, è pari a circa 913.000. Ad 1 anno circa dall’evento acuto, un terzo dei soggetti sopravviventi ad un ictus –sia esso ischemico o emorragico – presenta un grado di disabilità elevato, tanto da poterli definire totalmente dipendenti.

Il tasso di prevalenza di ictus nella popolazione anziana (età 65-84 anni) italiana è del 6,5% leggermente più alta negli uomini (7,4%), rispetto alle donne (5,9%).

L’incidenza dell’ictus aumenta progressivamente con l’età raggiungendo il valore massimo negli ultra ottantacinquenni; il 75% degli eventi colpisce quindi i soggetti di oltre 65 anni.

Nel 2013, la prevalenza globale di ictus era di 25,7 milioni con una previsione del 39,2% dopo 10 anni. I sopravvissuti all’ictus hanno circa la metà della fitness cardiovascolare (CRF)  e un costo energetico maggiore del 40-50% della deambulazione rispetto a individui senza ictus. Queste limitazioni facilitano uno stile di vita inattivo che si traduce in un ulteriore decondizionamento e in un aumento del rischio di futuri eventi cardiovascolari.

 

RIABILITAZIONE POST ICTUS: LAVORARE AD INTENSITA’ MODERATE…

La riabilitazione post ictus fornisce miglioramenti limitati per l’esercizio cardiovascolare. Anche i parametri ottimali di allenamento cardiovascolare per massimizzare il recupero nei sopravvissuti all’ictus rimangono sconosciuti.

Sebbene le raccomandazioni sulla riabilitazione per l’ictus suggeriscano l’uso di attività continue ad intensità moderata (MICE) per migliorare la CRF, spesso questa tipologia di lavoro non è sufficiente a perturbare l’omeostasi, così da non provocare nessun effetto allenante.

 

…E L’HIIT?

L’allenamento ad intervalli ad alta intensità (HIIT) sta emergendo come una potente alternativa efficiente in termini di tempo, rispetto al MICE, per gli individui senza disabilità nota, così come per le popolazioni cliniche.

L’HIIT è caratterizzato da raffiche ad alta intensità di esercizio cardiovascolare intervallati da periodi di recupero e mira a massimizzare l’intensità dell’esercizio con un impegno di tempo e volume totale di esercizio inferiore.

L’HIIT ha dimostrato di essere più efficiente in termini di tempo ed essere un’alternativa efficace rispetto all’allenamento continuo e ad intensità moderata, con prove che mostrano adattamenti simili o addirittura superiori nonostante volumi di esercizio sostanzialmente inferiori sia nella popolazione clinica che in quella non clinica. Le prove attuali suggeriscono che l’HIIT ha effetti superiore rispetto al MICE negli individui con malattie cardiache, con un maggiore miglioramento della VO2 Max osservato nei gruppi HIIT.

L’HIIT può fornire, quindi, un intervento di esercizio alternativo e invocare benefici maggiori nel post ictus.

I programmi di rieducazione per l’ictus offrono protocolli di lavoro limitati per l’allenamento cardiovascolare, soprattutto per l’allenamento ad alta intensità.

L’attività fisica e le raccomandazioni sull’esercizio post ictus includono l’esercizio cardiovascolare continuo di intensità moderata (MICE) per migliorare la CRF, con un’intensità suggerita dal 40% al 70% del consumo massimo di ossigeno (VO2Max) o della riserva di frequenza cardiaca (HRR), oppure dal 50% all’80% della frequenza cardiaca massima (FC max).

Sebbene l’esercizio cardiovascolare ad intensità moderata abbia dimostrato di migliorare diversi aspetti della cognizione e del recupero motorio, può essere difficile eseguire lavori ad intensità maggiori, in particolare per le persone con disabilità motorie più gravi.

Ciò può limitare la loro capacità di raggiungere e sostenere intensità sufficientemente elevate per ottimizzare i benefici. Sappiamo che esercizi di Endurance permettono di migliorare diversi aspetti della cognizione e del recupero motorio. In individui senza disabilità nota, l’esercizio cardiovascolare, induce profondi cambiamenti nella struttura e nella funzione delle diverse aree del cervello.

L’HIIT potrebbe integrare la bassa intensità cardiovascolare tipicamente raggiunta nei programmi di riabilitazione post ictus, raggiungendo intensità più elevate necessarie per ottimizzare il recupero.

 

L’HIIT E’ SICURO NEGLI INDIVIDUI COLPITI DA ICTUS?

Tra gli individui con malattia coronarica, infarto miocardico e insufficienza cardiaca, ci sono stati solo 2 arresti cardiaci non fatali in più di 46.000 ore di HIIT durante la riabilitazione cardiaca, con eventi simili al MICE.

Per ridurre al minimo il rischio di eventi avversi durante l’allenamento HIIT post ictus sono stati implementati, durante l’esercizio, un attento monitoraggio della frequenza cardiaca, della pressione sanguigna, nonché dello sforzo percepito attraverso la scala di percezione dello sforzo (RPE).

Inoltre, a causa dell’elevata incidenza di tassi di ischemia miocardica silente segnalati durante l’ictus, prima di iniziare un programma di esercizio, si consiglia di eseguire un test da sforzo con elettrocardiografia.

 

LINEE GUIDA

Ad oggi una decina studi hanno esaminato il potenziale effetto dei protocolli HIIT nei soggetti colpiti da ictus.

I risultati preliminari sono davvero incoraggianti: sembra che lavori ad alta intensità possono migliorare la salute cardiovascolare ed insieme al miglioramento della deambulazione viene influenzata positivamente anche la neuroplasticità.

Pohl et al furono tra i primi a dimostrare che lavori al tapis roulant ad alta intensità apportano benefici migliori sulla velocità massima di camminata, cadenza del passo, lunghezza del passo, andatura e deambulazione rispetto a un protocollo di allenamento ad intensità continua moderata.

 

 

Abbreviazioni: HIIT, high-intensity interval training; MICE, moderate-intensity continuous exercise; ES, effect size; 6MWT, 6-minute walk test; HRR, heart rate reserve; 10MWT, 10-meter walk test; VO2Peak = oxygen consumption; RPE, rating of perceived exertion; GXT, graded exercise test.

*P < .05.

 

L’HIIT PROMUOVE LA NEUROPLASTICITA’?

Stabilire strategie per migliorare la neuroplasticità è fondamentale per promuovere il recupero motorio post ictus.

L’HIIT può facilitare la neuroplasticità e l’apprendimento motorio dopo l’ictus, sebbene ad oggi gli studi siano limitati solo a modelli animali. Una recente revisione suggerisce che sono necessarie intensità di esercizio elevate per ottimizzare l’espressione delle neurotrofine e modificare sinapsi e dendriti per promuovere la neuroplasticità.

All’interno di esseri umani sani uno studio ha affermato come anche un singolo allenamento di 20 minuti di HIIT al 90% della VO2max migliora l’eccitabilità corticospinale, a differenza di un’altra ricerca che non ha trovato effetti dopo un unico allenamento di 30 minuti ad intensità moderata  e continua al 60% della VO2max.

Skriver et al hanno dimostrato che un singolo bout di HIIT era associato ad un elevato livello di concentrazione periferica del fattore neurotrofico cerebrale (brain-derived neurotrophic factor o BDNF), una neurotrofina che svolge un ruolo importante in molti processi funzionali e strutturali di neuroplasticità. Un singolo bout di HIIT ha anche dimostrato di migliorare la ritenzione delle capacità motorie in individui sani e in soggetti colpiti da ictus, con effetti che sembrano dipendere dall’intensità.

Ad un gruppo di soggetti colpiti da ictus, un singolo allenamento di HIIT ha dimostrato di migliorare la ritenzione delle abilità dopo 24 ore, dimostrando il potenziale per l’HIIT di innescare modesti cambiamenti neuroplastici e accelerare il recupero neurale.

In particolare, il livello di abilità è stato migliorato, suggerendo che un singolo allenamento di HIIT può non solo rafforzare la memoria procedurale, ma promuovere miglioramenti che si verificano al di fuori dell’allenamento. È possibile che periodi ripetuti di HIIT, combinati con la pratica motoria, possano mostrare un effetto cumulativo sui guadagni dell’apprendimento motorio e quindi accelerare il recupero funzionale.

Nonostante ciò, tempi di inizio somministrazione e il tipo d’intensità del protocollo di esercizio che influenzino in modo ottimale la neuroplasticità a seguito di ictus rimangono sconosciuti.

Nei modelli animali post ictus è stato visto che cominciare la “somministrazione” a 30 giorni dopo l’evento non ha mostrato effetti benefici rispetto a 5-14 giorni dopo l’ictus, il che implica che esiste una finestra precoce di opportunità per influenzare la neuroplasticità.

Si suppone che potrebbe esserci un periodo critico nei primi mesi dopo l’ictus negli esseri umani in cui la neuroplasticità è maggiormente influenzata dall’esercizio. Tuttavia, cominciare precocemente dopo l’evento potrebbe non avere effetti benefici sul recupero.

Riuscire a determinare quando il cervello è più reattivo al cambiamento porterebbe sicuramente a risultati migliori.

 

LINEE GUIDA SUI PARAMETRI DI ESERCIZIO: F.I.I.T.

 

FREQUENZA

Sebbene limitati, 3 studi suggeriscono di cominciare il protocollo di lavoro con una frequenza settimanale di 2-3 volte a settimana.

Grande rilevanza deve esser data al recupero tra una sessione di allenamento e l’altra, con una pausa di 3 giorni almeno ad inizio protocollo soprattutto nei soggetti più anziani (64 anni), in modo da recuperare in maniera ottimale, evitare l’accumulo di fatica e non ostacolare l’aderenza all’esercizio fisico.

Una prescrizione di allenamento 3 volte a settimana, dopo 4 settimane ha evidenziato un miglioramento nella velocità dell’andatura, cadenza del passo, ed economia del gesto motorio rispetto ad un allenamento continuo di moderata intensità (MICE).

In specifici casi si può arrivare anche ad una frequenza di 5 volte a settimana.

 

INTENSITA’

Fondamentale è stabilire la corretta intensità di lavoro. Come anticipato precedentemente, l’esercizio ad alta intensità sembra stimolare il rilascio di BDNF, coinvolti nei processi di memoria ed apprendimento.

Uno dei metodi universalmente riconosciuto, pratico, economico e soggettivo è l’utilizzo della scala RPE di Borg che, in combinazione con HR e pressione arteriosa, garantisce un controllo del carico di lavoro entro i limiti tollerabili. Circa il 62% dei soggetti colpiti da ictus ha precedentemente avuto una malattia coronarica, quindi ha quasi sicuramente assunto beta bloccanti.

La prescrizione dell’intensità attraverso la scala di Borg permette quindi al soggetto di autoregolare lo sforzo percepito. Su una scala da 6 a 20 un punteggio di 14-16 è considerato ad alta intensità.

 

TEMPO

Ogni sessione di allenamento dura dai 20 ai 30 minuti di lavoro con un rapporto lavoro/recupero che può varia dai 30”/30” a 4’/3’. Questi parametri variano in base al tipo di soggetto che si ha di fronte, se esso è in grado di camminare in maniera autonoma o al contrario se ha bisogno di supporti di assistenza.

Ovviamente bisogna adattare il tipo di lavoro in base allo status del cliente.

 

TIPO

I pochi studi che hanno affrontato la tematica si sono concentrati sull’utilizzo del tapis roulant per quei soggetti in grado di deambulare autonomamente. Per chi invece non era in grado di camminare in sicurezza si è scelto di lavorare con stepper reclinati.

 

 

CONCLUSIONI E RUOLO DEL LAUREATO IN SCIENZE MOTORIE

Come detto fin dall’inizio, gli studi sugli effetti di un protocollo HIIT sui soggetti colpiti da ictus sono ancora pochi per poter delineare delle linee guida oggettive e universalmente riconosciute.

I pochi dati che abbiamo a disposizione sono limitati ai lavori effettuati, tuttavia sono sicuramente un buon trampolino di lancio per ricerche future ancora più esaustive.

E’ assodato che un allenamento HIIT anche in soggetti colpiti da ictus migliori la CRF, la velocità di deambulazione e l’economia del gesto, ma la cosa ancor più interessante sembra esser il miglioramento della memoria e dell’apprendimento.

Il laureato in Scienze Motorie può avere un ruolo chiave, insieme allo staff sanitario, nei miglioramenti di questi pazienti, grazie ad un corretto dosaggio della frequenza e dell’intensità di esercizio in base al soggetto.

Questo studio è un ulteriore prova che l’esercizio fisico è un farmaco che ha il potere di migliorare la qualità della vita anche in soggetti colpiti da ictus cerebrale.

 

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Dott Federico Giancola

Note sull’autore

Laurea Magistrale in Scienze delle Attività Motorie Preventive e Adattate
Certificazione Personal Training for Health – Training Lab Italia
Certificazione Strength & Conditioning for Sports – Training Lab Italia
Certificazione Functional & Postural Recovery – Training Lab Italia
Certificazione Workshop Kettlebell Conditioning & Training – Training Lab Italia

 

Biblografia

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