CONSIDERAZIONI SULL’UTILIZZO DELLA LEG EXTENSION PER L’ARTICOLAZIONE DEL GINOCCHIO

Data:

22/01/2021

Indice degli argomenti

Con questo articolo si vuole, oltre approfondire la tecnica esecutiva della Leg Extension, consigliare in che circostanza è opportuno sfruttare questo macchinario, in base alla condizione del soggetto a cui ci si rivolge.

 

Cenni sull’anatomia del ginocchio

 

anatomia del ginocchio

 

Il ginocchio è un’articolazione in cui entrano in gioco il femore, la tibia e la rotula.

Risulta di difficile classificazione poiché il rapporto articolare che si stabilisce tra femore e patella può essere, infatti, definito come un’artrodia, mentre quello femoro-tibiale è riconducibile, per alcuni caratteri, alle articolazioni condiloidee, per altri ai ginglimi angolari.

Inoltre, mentre le superfici articolari sembrano consentire un’estesa libertà di movimenti, l’apparato legamentoso dell’articolazione finisce per limitarli alla sola flesso-estensione.

A livello del ginocchio si verifica poi una trasmissione del peso corporeo alla gamba: all’articolazione spetta perciò anche un importante compito statico.

Alla marcata convessità sagittale dei due condili femorali non corrisponde una pari concavità delle superfici tibiali. L’armonia fra le superfici articolari viene perciò stabilita dall’interposizione di due menischi, cartilagini semilunari, uno mediale e uno laterale.

Il menisco laterale forma un cerchio pressoché completo, conformazione ad O, quello mediale è interrotto sul lato interno e ha quindi una forma di C. Grazie alle loro estremità (corna), i menischi si fissano sulla porzione intercondiloidea della tibia.

Anteriormente, sono uniti tra loro da un legamento trasversale, il legamento trasverso del ginocchio.

I mezzi di unione sono rappresentati da una capsula articolare e dai legamenti di rinforzo.

Lo strato fibroso della capsula articolare costituisce un manicotto caratterizzato dalla solidità delle parti laterali e posteriore e dalla lassità della porzione anteriore. La sua linea di inserzione femorale si trova a una distanza di diversi millimetri dai bordi della cartilagine di incrostazione delle superfici articolari; quella tibiale si fissa al margine infraglenoideo e continua posteriormente con i legamenti crociati.

A livello della rotula, la capsula si fissa ai margini dell’osso mentre al di sopra e al di sotto si fa molto sottile.

La membrana sinoviale tappezza la superficie interna della capsula fibrosa con una disposizione caratteristica. Anteriormente si prolunga al di sotto del muscolo quadricipite per formare la borsa sinoviale sovra-patellare. Posteriormente forma una doccia a concavità posteriore nella quale vengono accolti i legamenti crociati, che sono pertanto extra-articolari. Ai lati riveste la superficie interna della capsula fibrosa per poi riflettersi sulle superfici ossee intra-articolari. In corrispondenza dei menischi essa si interrompe per l’aderenza dei menischi stessi con la capsula fibrosa; la sinoviale risulta perciò divisa in un piano superiore e uno inferiore.

La capsula fibrosa presenta numerosi ispessimenti che la rinforzano formando i legamenti anteriori, posteriori, laterali e crociati.

 

Il legamento anteriore

Il legamento anteriore (o legamento patellare) è il tratto sotto-patellare del tendine del muscolo quadricipite femorale, nel cui spessore risulta inclusa, come osso sesamoide, la stessa patella.

È una robusta lamina triangolare che si inserisce sulla tuberosità tibiale.

Poco al di sopra dell’inserzione, il legamento è separato dalla superficie della tibia per interposizione di una borsa sinoviale infra-patellare; più in alto ancora, in corrispondenza dell’interlinea articolare, uno complesso adiposo lo separa dalla capsula articolare.

Al di sopra di questa massa adiposa si trova la patella che risulta fissata lateralmente ai condili femorali da due benderelle fibrose, i retinacoli (o ali) della patella.

 

Il legamento posteriore

Il legamento posteriore è formato dai gusci dei condili e dal legamento mediano. I primi sono ispessimenti che la capsula presenta a livello di ciascun condilo, il secondo occupa lo spazio intercondiloideo.

È costituito da fibre proprie, dirette dal femore alle due ossa della gamba che formano una sorta di arcata fibrosa, il legamento popliteo arcuato e da fibre appartenenti al tendine del muscolo semimembranoso che formano il legamento popliteo obliquo.

 

I legamenti collaterali

I legamenti collaterali sono due robuste bande fibrose, poste ai lati del ginocchio e in parte separate della capsula.

Il legamento collaterale tibiale (o mediale, LCM) è una larga e robusta lamina che rinforza la capsula sul lato mediale. Si estende da un tubercolo posto sul condilo mediale del femore al condilo mediale della tibia.

Le sue fibre anteriori si fondono con il retinacolo mediale della patella, mentre quelle più profonde si attaccano al menisco mediale.

Il legamento collaterale fibulare (o laterale, LCL) è un cordone fibroso teso da un tubercolo del condilo laterale del femore alla superficie laterale della testa della fibula. Il tendine del muscolo popliteo gli passa profondamente mentre quello del bicipite si suddivide ai due lati della sua inserzione.

 

I legamenti crociati

I legamenti crociati sono intra-capsulari e si trovano in un piano verticale, tra i condili femorali.

Sono corti e robusti cordoni che si incrociano ad X e ricevono la loro denominazione di anteriore e posteriore per il rapporto che contraggono con l’eminenza intercondiloidea della tibia.

Il legamento crociato anteriore si stacca da una superficie rugosa posta davanti all’eminenza intercondiloidea e si porta in alto e in dietro per fissarsi alla faccia mediale del condilo laterale del femore.

Il legamento crociato posteriore si estende da una superficie posta dietro l’eminenza intercondiloidea alla faccia laterale del condilo mediale del femore.

 

Cinematica del ginocchio

La flesso-estensione è il movimento principale del ginocchio.

L’estensione è la cosiddetta “posizione allineata” o “cadaverica”, ma si può comunque effettuare un ulteriore movimento di estensione, soprattutto passivamente, dalla posizione di partenza di 5°-10°.

Questo movimento è dato dal quadricipite del femore assistito dal tensore della fascia lata.

La flessione è il movimento che avvicina la parte posteriore della gamba alla coscia e varia in base alla posizione dell’anca.

È un movimento eseguito grazie al bicipite femorale, al semitendinoso ed al semimembranoso coadiuvati dal gracile, dal sartorio e dal popliteo; se il piede è ben fermo collaborano anche il gastrocnemio ed il plantare.

Con una flessione attiva si possono raggiungere i 140° se l’anca è flessa, 120° se l’anca è estesa; la mobilità attiva è limitata dalla presenza dei tessuti molli posteriori. Con la flessione passiva si può raggiungere una flessione di 160° (portando il tallone al gluteo).

La rotazione della gamba attorno al suo asse longitudinale può avvenire solo a ginocchio flesso.

Per valutarla si pone, per convenzione, il ginocchio a 90°: la rotazione interna è di circa 30° (punta del piede rivolta medialmente), la rotazione esterna risulta essere di circa 40° (punta del piede rivolta esternamente), la rotazione congiunta è di soli 20°.

La rotazione congiunta mediale del femore sulla tibia negli stadi finali dell’estensione è parte di un meccanismo di serraggio, il cosiddetto “movimento di avvitamento”, che rappresenta un vantaggio quando il ginocchio completamente esteso è soggetto a sforzo.

L’estensione completa porta ad una posizione serrata dell’articolazione con massima torsione e messa in tensione dei legamenti. La rotazione mediale della gamba flessa è permessa dal muscolo popliteo, dal semimembranoso e dal semitendinoso, assistiti da sartorio e dal gracile; quella laterale, sempre a gamba flessa, dal bicipite femorale.

 

Esecuzione della Leg Extension e Muscoli coinvolti

La Leg Extension o Knee Extension, letteralmente “estensione della gamba” o “estensione del ginocchio”, è un macchinario con sovraccarichi che viene usato in particolar modo nelle palestre, nelle scuole, nelle cliniche e nei vari centri benessere per l’allenamento del muscolo quadricipite che, insieme al sartorio, occupa la parte anteriore della coscia.

La posizione iniziale prevedere che il soggetto sia seduto sulla macchina con le ginocchia flesse, con i cuscini posti ad altezza caviglie. Si chiede di eseguire una completa estensione di entrambe le ginocchia senza forzare la rotazione interna o esterna della tibia: un lavoro a catena cinetica aperta.

 

leg extension_posizione iniziale ginocchia flesse

leg extension_estensione delle ginocchia

 

Come indicato precedentemente, il muscolo coinvolto sarà principalmente il quadricipite con il vasto laterale, retto del femore, vasto intermedio e vasto mediale.

Ma non solo, anche gli ischiocrurali come il capo lungo bicipite femorale, il semitendinoso ed il semimembranoso che originano dalla tuberosità ischiatica e sono innervati dal nervo ischiatico, il grande gluteo, situato superficialmente nella regione glutea ed innervato dal nervo gluteo inferiore che connette la pelvi al femore ed infine il gastrocnemio, parzialmente, il quale è situato nella regione posteriore della gamba ed è responsabile della flessione plantare del piede e partecipa nella flessione del ginocchio.

Indispensabile sarà eseguire correttamente l’esercizio: in maniera precisa e controllata. Bisogna cercare di tenere i glutei ben adesi al sedile, più lo schienale è inclinato maggiore sarà il coinvolgimento del retto femorale, evitate di fare “palleggi” con i cuscinetti prendendo lo slancio.

 

Catena cinetica aperta o catena cinetica chiusa? In base a quali criteri scegliere gli esercizi?

La maggior parte degli studi che mettono a confronto l’utilizzo degli esercizi a catena cinetica aperta con gli esercizi a catena cinetica chiusa riguardano il ginocchio.

Sulla base di quanto emerso da tali studi, è possibile affermare che entrambe le tipologie di esercizio risultano efficaci per il miglioramento della performance muscolare in quanto a forza e resistenza. La determinazione delle variabili in termini di numero di serie e ripetizioni, al fine di raggiungere gli obiettivi dell’allenamento prefissati, è simile sia che la scelta ricada su esercizi a catena cinetica aperta o a catena cinetica chiusa.

Tuttavia, quando l’obiettivo ricercato prevede l’uso di carichi elevati, come per l’allenamento della forza massima, risulta essere più indicato eseguire esercizi a catena cinetica chiusa.

Non esiste un netto riscontro sull’ipotesi che, in generale, gli esercizi a catena chiusa siano più “funzionali” rispetto a quelli a catena cinetica aperta. I primi, semplicemente, riproducendo talvolta la gestualità quotidiana possono migliorare o facilitare l’esecuzione di tali gesti.

Negli esercizi a catena chiusa, dove vengono co-attivati diversi gruppi muscolari, anche antagonisti tra loro, il deficit di un muscolo può essere compensato dalla maggiore attività degli altri muscoli della catena.

In uno studio effettuato su soggetti che avevano subito la ricostruzione chirurgica del legamento crociato anteriore, ad esempio, è stato osservato che il gruppo che aveva eseguito in fase di riabilitazione solo esercizi a catena cinetica chiusa mostrava maggiore debolezza relativa del quadricipite femorale, rispetto al gruppo che aveva incluso nell’allenamento anche esercizi a catena cinetica aperta specifici per il quadricipite (ad esempio, Leg extension).

In sostanza, gli esercizi a catena cinetica aperta permettono di allenare in maniera più mirata la forza o la resistenza di un singolo muscolo, rispetto agli esercizi a catena cinetica chiusa.

Va tenuto conto, tuttavia, che l’utilizzo di carichi elevati negli esercizi a catena cinetica aperta, come il Leg extension, ha ripercussioni negative sulle ginocchia rese instabili per un deficit del legamento crociato anteriore. 

Qualora si voglia o si debba limitare il ROM di un’articolazione durante un esercizio, i movimenti a catena cinetica aperta (prevalentemente monoarticolari) sono più adatti.

Quando si esegue un esercizio a catena cinetica chiusa, tutti i segmenti coinvolti nel movimento devono compiere una sufficiente escursione articolare. Se, durante l’esecuzione di un esercizio a catena cinetica chiusa, il ROM di un’articolazione risultasse limitato, è probabile che questa possa venire compensata erroneamente in un altro distretto.

Gli esercizi a catena cinetica chiusa contribuiscono alla stabilità articolare, per effetto della co-contrazione dei muscoli e per l’utilizzo del carico assiale. Per esempio, nello squat, la co-attivazione di quadricipite e bicipite femorale aumenta la stabilità articolare del ginocchio, mentre negli esercizi per gli arti superiori a catena cinetica chiusa, la co-attivazione dei muscoli scapolo-omerali e gleno-omerali aumenta la stabilità dinamica della spalla.

 

La Leg Extension è deleteria per il ginocchio?

La risposta la ricaviamo indagando le forze che agiscono durante lo svolgimento della Leg Extension.

La parte distale della tibia è posta sotto un cuscinetto. Contraendo i quadricipiti, si estende la tibia, ma la pressione opposta svolta dal cuscino ancorato ai pesi, genera una forza di traslazione anteriore della tibia.

Servirà dunque qualcosa che impedisce alla sua parte prossimale di schizzare in avanti: entra in gioco così il legamento crociato anteriore (LCA). Il compito di questo è il mantenere il femore in linea con la tibia ed evitare le traslazioni anteriori ed eventuali rotazioni

Si genererà così una tensione tale che il legamento crociato anteriore si farà carico di tutto lo stress per la mancanza di co-contrazione degli ischiocrurali e del gastrocnemio rendendo l’esercizio poco funzionale.

Le forze di taglio esistono e sono differenti a seconda del ROM. A 90° di flessione vi è una forza di taglio posteriore. Tra 0° e 45° di flessione vi è una forza di taglio anteriore con un aumentato stress sul crociato anteriore. Tra 60° e 75° di flessione si registra invece il più basso stress sul crociato anteriore e quindi forze di taglio di un’intensità minore.

 

Dato questo aspetto negativo, la Leg Extension è un attrezzo da togliere dal commercio?

No, semplicemente è da considerare il contesto nel quale si applica.

Le forze di taglio sono ben vanificate da un legamento crociato anteriore sano e integro: non per forza si verificherà una lussazione. È preferibile comunque fornire alcuni consigli per inserire questo esercizio con maggior criterio.

 

La Leg Extension nel soggetto sano

Nel caso di un neofita considerato sano, il volume di lavoro dovrà essere limitato rispetto ad un advanced e la precedenza, se si vogliono coinvolgere i muscoli sopracitati, va quindi data ad esercizi come squat e affondi che offrono stimoli maggiori e completi.

Se invece si vuol proporre la Leg Extension ad un advanced sarà meglio farlo o attraverso alte ripetizioni, oppure come esercizio complementare alla fine della routine, dopo esercizi più impegnativi e complessi da un punto di vista motorio.

In entrambi i casi la persona sarà costretta a non caricare pesi immensi, riducendo lo stress sul crociato anteriore.

 

La Leg Extension nel paziente con problematiche al ginocchio

Per un soggetto in fase di riabilitazione post lesione legamentosa o ricostruzione del crociato anteriore, se si decide di optare per questo esercizio, meglio farlo eseguire ad alte ripetizioni in maniera controllata e nella giusta fase riabilitativa.

L’utilizzo della Leg Extension è sconsigliato nell’immediato post-operatorio e, soprattutto, con un’escursione di movimento ridotta tra i 90° e i 40° di flessione (prima metà del movimento). Un’eventuale scelta di utilizzare un ROM differente (0° – 30°, seconda metà del movimento) dovrà sempre essere ben giustificata, con le giuste tempistiche ed i giusti carichi.

Ad ogni modo, in questi casi, per il rinforzo muscolare saranno sempre da preferire gli esercizi a catena cinetica chiusa, scelti e assegnati con criterio basandosi sul buon senso e sulla persona.

Per chi ha dolore patello-femorale o tendinopatia rotulea, se si decide di optare per la Leg Extension gli studi consigliano di eseguirla con un’escursione di movimento ridotta tra i 90° e i 40° di flessione (prima metà del movimento) per diminuire lo stress patellare aumentando la zona di contatto patello-femorale.

Infatti, man mano che aumenta l’estensione di ginocchio (seconda metà del movimento) le forze in gioco si scaricano su una superficie di contatto della rotula sempre minore generando un aumentato stress e un’evocazione dei sintomi.

Viceversa, con una maggiore flessione di ginocchio (prima metà del movimento) le forze risultano distribuite in un’area maggiore diminuendo lo stress patellare.

Per chi ha un menisco rotto potrebbe avere senso diminuire l’escursione nel senso opposto. È stato visto che vi è un minor movimento e un minor stress meniscale in un arco di movimento che va dai 60° ai 15° di flessione di ginocchio.

In linea di massima potrebbe quindi avere senso, tenendo in considerazione l’individualità e la specificità di ogni soggetto, ridurre il ROM esecutivo all’interno di questo intervallo soprattutto in chi è stato sottoposto a intervento di sutura meniscale. 

Per quanto riguarda invece la riabilitazione post meniscectomia non vi sono restrizioni sul ROM particolari, visto che il tessuto lesionato è stato prontamente rimosso.

 

Conclusioni

Quando l’obiettivo è un programma di potenziamento bisogna cercare di utilizzare sovraccarichi senza sottoporre a sollecitazioni eccessive l’articolazione ed i legamenti del ginocchio.

Se ben eseguiti, gli esercizi a catena cinetica chiusa, in modo particolare lo squat con bilanciere libero, sono meno dannosi per il ginocchio rispetto a quelli in catena cinetica aperta (ad esempio, Leg extension).

Inoltre, gli esercizi a catena cinetica chiusa, apportano una serie di ulteriori lati positivi quali: miglior simulazione del gesto atletico di salto, maggior protezione del legamento crociato anteriore per intervento simultaneo di quadricipite e ischiocrurali, minor stress dell’articolazione femoro-rotulea, stabilità maggiore per effetto della compressione data dalle forze che agiscono, una risposta ormonale maggiore che si ripercuote positivamente sul rafforzamento degli apparati muscolo-tendineo ed osseo.

 

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Francesca Vespasiano

Note sull’autore:

Laurea in Scienze delle Attività Motorie e Sportive all’Università degli Studi Gabriele D’Annunzio di Chieti
Studentessa di Osteopatia presso l’AIOT di Pescara
Certificata Training Lab Italia – Personal Trainer, Functional Trainer, Functional and Postural Recovery
Articolista Training Lab Italia
Membro del Progetto University Lab

 

Bibliografia

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