Il Pattern della Low Back Pain: miti, speculazioni e verità

Data:

13/07/2020

Indice degli argomenti

Oggi vedremo una guida smart sulla Low Back Pain e come tecnicamente si affrontano miti e speculazioni su questa patologia.

Il low back pain è tra i dolori più diffusi nel mondo e una tra le prime cause di disabilità e motivo di consulenza medica: proprio per questo la letteratura scientifica è ricca al riguardo. Eppure, la pratica clinica, di prevenzione e riabilitativa, sembrano essere indietro rispetto agli studi. Mentre quest’ultimi propongono un intervento di trattamento basato sulla classificazione della lombalgia, attualmente la pratica si basa molto spesso su strategie relative alla sintomatologia.

Come approcciarsi a chi soffre di lombalgia? Esistono dei tool utili a riguardo? Tra miti e realtà vediamo cosa dice la scienza.

Il Low Back Pain (LBP)

Per low back pain viene inteso un dolore e/o sofferenza nella zona lombare della colonna vertebrale, di cui tutti possiamo fare esperienza nel corso della nostra vita. 

omino con low back pain

Sebbene sia credenza comune che i bambini e gli adolescenti non sperimentino lombalgia, a meno che non abbiamo un disturbo importante, 56 studi epidemiologici inclusi in una review di Ries e colleghi, riporta che la prevalenza della lombalgia, almeno negli adolescenti, è simile a quello negli adulti (Balagué et al., 2012). Nonostante ciò, le donne di età compresa tra 40 e 80 anni hanno la più alta prevalenza di mal di schiena e riportano sintomatologia più frequente e invalidante rispetto agli uomini (Roseen et al., 2019) che le porta ad un aumento di mortalità.

Il LBP è la prima causa di disabilità a livello mondiale (Eric J. Roseen et al., 2017) e si stima che vengano spesi circa 200 miliardi di dollari l’anno in tutto il mondo per la sua gestione (Casiano et al., 2020). 

Sebbene le risorse utilizzate per la lombalgia siano enormi, poche persone cercano assistenza sanitaria. Picavet et al., hanno riferito che meno di un terzo dei pazienti con lombalgia aveva consultato il proprio medico di famiglia l’anno precedente, e Wieser e colleghi hanno segnalato che del 22,8% che aveva cercato cure mediche ambulatoriali, solo il 6,4% ha avuto incontro con uno specialista nelle 4 settimane precedenti. (Balagué et al., 2012)

È interessante notare come i casi di LBP dal 1990 siano aumentati del 50% (Shipton, 2018), probabilmente a causa di uno stile di vita sempre più sedentario.

 

Tuttavia, la letteratura scientifica non supporta una causa scatenante il mal di schiena nella maggior parte dei casi; vengono infatti riportati fattori di rischio multifattoriali:

  • popolazione
  • età
  • sesso
  • comorbidità associate
  • fumo
  • obesità
  • fattori psicologici e sociali
  • cultura
  • il rapporto con il terapista stesso. 

In una Review del 2012 di Darlow et al., sono stati inclusi diciassette studi di otto Paesi che hanno analizzato gli atteggiamenti e le credenze di medici di medicina generale, fisioterapisti, chiropratici, reumatologi, chirurghi ortopedici e altri terapisti paramedici. Vi sono prove evidenti che le convinzioni del terapista sul mal di schiena sono associate a quelle dei loro pazienti. Gli operatori sanitari con un orientamento biomedico hanno maggiori probabilità di consigliare i pazienti a limitare il lavoro e le attività fisiche, e quindi non aderiscono alle linee guida di trattamento della letteratura scientifica.

La diagnosi può essere effettuata tramite analisi strumentale (radiografie, risonanza magnetica, mielografia), ma non ci sono prove chiare su cui basare i giudizi per confermare o escludere la lombalgia. Sembra infatti che queste indagini siano raramente necessarie e che dovrebbero essere ordinate per identificare una particolare patologia sottostante.

L’inattività è la principale conseguenza del LBP

Dolore e disabilità sono i sintomi principali del LBP ma, tra le conseguenze più importanti vi è l’inattività e il comportamento sedentario.

pausa

Infatti, si instaura il così detto circolo vizioso del dolore, dovuto ad un comportamento di evitamento del dolore stesso, con assunzione di posizioni antalgiche e diminuzioni dei livelli di attività fisica, con l’aggravante di un mindset che catastrofizza il dolore. Tutto ciò però può portare ad un aumento della sintomatologia.

Molto spesso il LBP porta ad un maggiore assenteismo sul lavoro e una maggiore risposta a stimoli che non dovrebbero essere interpretati come dolorosi. 

Fattori cognitivi e psicologici

Studi hanno dimostrato che l’attivazione della corteccia cingolata anteriore, della corteccia prefrontale e del nucleo accumbens è ridotta nei pazienti con lombalgia cronica.

fattori psicologici e cognitivi low back pain

Poiché sia la corteccia cingolata anteriore che la corteccia prefrontale appartengono al sistema inibitorio discendente, e il nucleo accumbens, che è coinvolto nel sistema dopaminico, rilascia μ-oppioidi che agiscono per alleviare il dolore, una ridotta attivazione in queste tre regioni del cervello può essere correlata a diminuzione della funzione del sistema inibitorio discendente.

I fattori psicologici associati al dolore cronico in generale – e quindi anche alla lombalgia – includono:

  • depressione
  • ansia
  • disturbo da stress post-traumatico
  • prevenzione della paura
  • catastrofizzazione
  • kinesiophobia
  • scarse strategie di coping
  • scarsa autoefficacia
  • somatizzazione preesistente.

Le donne affette da dolore cronico riportano uno stato emotivo soprattutto di frustrazione, mentre la risposta emotiva maschile è caratterizzata dall’ansia.

Dunque, parlare di LBP è molto più complesso che riferirlo come un dolore alla bassa schiena, per le implicazioni cognitivo pisco-sociali che implica il concetto stesso di dolore, definito come:

una spiacevole esperienza sensoriale ed emotiva associata a un danno tissutale vero o potenziale (IASP 1979).

Tale definizione ci porta a comprendere come il dolore può derivare da un danno vero e proprio, ma anche quando strutturalmente non c’è nulla di anormale. Inoltre, il dolore inteso come nocicezione è l’attivazione delle vie fisiologiche ascendenti, vale a dire la percezione sensoriale; il dolore propriamente detto è invece una esperienza del nostro sistema nervoso e dunque una sua elaborazione soggettiva con attivazione delle vie discendenti e con un risvolto anche emotivo. 

Tutto ciò che può essere il dolore è anche il LBP. Ecco perché esiste una differenziazione della lombalgia molto importante dal punto di vista pratico.

Classificazione del LBP

In relazione alla zona anatomica di interesse:

La Lombalgia viene definita come dolore e disagio localizzato al di sotto dei margini costali e sopra le pieghe del gluteo inferiore, con o senza dolore alle gambe riferito (Airaksinen et al., 2006). 

In relazione alla causa troviamo:

  • Non specific low back pain. Definita come la lombalgia non attribuita a patologie specifiche riconoscibili e note.
  • Specific low back pain. Della quale abbiamo una causa patomorfologica conosciuta come ad esempio infezioni, fratture, osteoporosi ecc.

A loro volta possono essere suddivise in relazione al tempo di insorgenza:

  • Chronic low back pain. Stabilita dalla persistenza del dolore oltre i 3 mesi di sintomi. 
  • Acute low back pain. Stabilita dalla persistenza del dolore meno di 6 settimane.
  • Sub-acute low back pain. Stabilita dalla persistenza del dolore tra 6 settimane e 3 mesi.
  • Transient low back pain. Forma sporadica.
  • Recurrent low back pain. Ricorrente nel tempo.

Se pensiamo che l’85% dei pazienti riporta lombalgia aspecifica (J. Nijst et al., 2015),  che la probabilità che la radiografia possa individuare la causa del dolore è inferiore all’1% (Chiera et al.,2017), e che i test attuali non sono in grado di identificare una causa patologica del dolore in almeno l’85% dei casi (Refshauge e Maher, 2006), è sconvolgente come sia credenza attualmente radicata il fatto di associare la lombalgia soltanto all’ernia discale. 

Con l’attuale sviluppo in campo neuroscientifico sugli studi del dolore, si è arrivati ad una ulteriore classificazione che attualmente sta prendendo piede come base per indirizzare il tipo di trattamento. A tal proposito riporto una definizione che ritengo molto completa, di Jo Nijs, membro di Pain in Motion Research Group:

La lombalgia è una malattia eterogenea che include i pazienti con dolore nocicettivo dominante (ad es. lombalgia miofasciale), neuropatico (ad es. radicolopatia lombare) e dolore da sensibilizzazione centrale.

Vediamo nello specifico le 3 tipologie di LBP.

LBP e il dolore nocicettivo

Definito come il dolore derivante da danno reale o minaccioso al tessuto algosensibile non neurale, è dovuto all’attivazione dei nocicettori o per meglio dire, all’attivazione dei recettori periferici terminali di neuroni afferenti primari in risposta a stimoli chimici, meccanici o termici nocivi. Il dolore in questo caso è proporzionale all’input nocicettivo, a differenza del dolore neuropatico.

In parole povere, uno stimolo attiva le terminazioni nervose che trasportano un segnale al midollo e poi verso i centri superiori, dove si elabora l’esperienza di dolore. Sia il tessuto miofasciale (cioè la fascia toracolombare nel LBP) che alcuni legamenti lombari contengono molti nocicettori capaci di generare dolore nocicettivo. 

Il dolore nocicettivo può anche produrre dolore riferito. In termini clinici, il dolore riferito è definito come dolore percepito in una regione del corpo distinta topograficamente dalla regione in cui si trova la vera fonte del dolore.  

Il meccanismo di riferimento del dolore (modello di convergenza e proiezione) consiste nella convergenza di input da due tessuti sullo stesso neurone spinale e proiezione del dolore risultante in un tessuto diverso (cioè non quello dove si trova la lesione). Ricordiamo che nel meccanismo di dolore riferito, non è implicato il dolore neuropatico.

Il mal di schiena neuropatico 

Descrive il dolore derivante da lesioni, malattie o infiammazioni che influenzano direttamente le radici nervose. Ne è un esempio la radicolopatia lombare: la radicolopatia è definita come oggettiva perdita della funzione sensoriale e/o motoria a causa di un danno alla radice del nervo. Inoltre, è associata ad una maggiore probabilità e gravità delle comorbidità mediche rispetto a lombalgia senza componente neuropatica.

Il LBP neuropatico può essere distinto in:

  • Local neurophatic pain, degenerazione del disco.
  • Mechanical neuropathic root pain, compressione meccanica della radice nervosa.
  • derivante da effetti dei mediatori infiammatori.

LBP e sensitizzazione centrale

Ancora più affascinante, dal mio punto di vista, è la moderna concezione del dolore della neuroscienza che ha portato allo sviluppo del modello di sensitizzazione centrale (CS,) definita come:

  • un’amplificazione della segnalazione neurale all’interno del sistema nervoso centrale che provoca ipersensibilità dolorifica;
  • maggiore reattività dei neuroni nocicettivi nel sistema nervoso centrale al loro input afferente normale o sottosoglia;
  • un aumento della reattività dei neuroni centrali a input da recettori unimodali e polimodali.

In termini più semplici la sensitizzazione favorisce un abbassamento della soglia di attivazione delle fibre nocicettive e un aumento del loro campo recettoriale.

È ormai ben consolidato che la CS è una caratteristica importante di molte persone con dolore cronico, tra cui quelli con CLBP, come dimostrato da una alterata elaborazione nocicettiva centrale in sottogruppi di pazienti negli studi sulla funzionalità del cervello in relazione al dolore. La risonanza magnetica funzionale ha mostrato che le persone con LBP cronico hanno una riorganizzazione della connettività in diverse regioni cerebrali, con aumento dell’attivazione nella corteccia prefrontale mediale, nella corteccia cingolata, nell’amigdala e insula.

Tutto ciò potrebbe in parte spiegare la cronicizzazione del dolore ma, attenzione: questo meccanismo tutt’oggi è ancora del tutto sconosciuto. Infatti, non è detto che ogni persona con il CLBP abbia anche un meccanismo di sensibilizzazione centrale. 

La grande sfida della neuroscienza attuale sarà riuscire ad interpretare le cause sottostanti alla cronicizzazione del dolore.

Come impatta sulla pratica clinica? 

Al fine di selezionare un efficace trattamento nella pratica clinica quotidiana, i pazienti con LBP devono essere classificati clinicamente come LBP: 

  • prevalentemente nocicettivo
  • prevalentemente neuropatico
  • con sensibilizzazione centrale
  • misto

Ad esempio, i pazienti con tipo di dolore CS richiedono un trattamento del sistema nervoso centrale mirato ai meccanismi sottostanti l’ipereccitabilità, piuttosto che alla parte bassa della schiena, cosa che non sarà altrettanto efficace nei pazienti con low back pain prevalentemente nocicettivo dove, ad esempio, terapia fisica strumentale e/o esercizio fisico possono favorire la riduzione del sintomo dolorifico. Allo stesso modo un LBP neuropatico infiammatorio riceverà benefici da terapia fisica strumentale mirata all’infiammazione.

Nella pratica clinica il primo step, dopo aver escluso eventuali patologie concorrenti (i così detti Red Flags), è escludere la presenza di dolore neuropatico.

Seguendo i criteri di screening, si osserverà l’instaurazione o l’esclusione di neuropatia come caratteristica sottostante del paziente LBP. Segni e sintomi dolorosi che si presentano in un’area di sensazione alterata sono i tratti distintivi del dolore neuropatico; tuttavia, il dolore può variare tra i pazienti e persino all’interno dei singoli pazienti nel tempo. Questo ci fa capire quanto sia difficile lo screening.

Diversi strumenti di screening sono stati sviluppati per facilitare l’identificazione di una componente neuropatica in pazienti con LBP cronico, tra cui riporto:

  • PainDETECT (PD-Q). Sviluppato nel 2006 utilizza un metodo di punteggio compreso tra 1 e 38 per stimare la probabilità di un componente del dolore neuropatico.
  • La Valutazione Standardizzata Del Dolore (StEP). Il paziente risponde a delle domande descrivendo il dolore che ha provato durante le ultime 24 ore. Inoltre, vi si associano anche alcuni test (come ad esempio la risposta al tatto o alla temperatura).

Anche se vi è la presenza di dolore neuropatico, questo non esclude le opzioni di CS e LBP nocicettivo. Per la diagnosi differenziale si può utilizzare l’algoritmo in figura 1.

algoritmo per screening low back pain
Figura 1. Algoritmo per interpretazione sulla diagnosi differenziale del LBP. In the spine or in the brain? Recent advances in pain neuroscience applied in the intervention for low back pain. J. Nijs et al. Clinical and experimental rheumatology 2017.
  • Cosa vuol dire sproporzionato?

Imprevedibile, incoerente e modello non meccanico di provocazione del dolore in risposta a fattori aggravanti e non specifici, e un modello non anatomico di provocazione del dolore in risposta a movimenti.

  • Cosa vuol dire distribuzione diffusa?

Modello di distribuzione del dolore che non è neuroanatomicamente plausibile per le presunte fonti di nocicezione. In genere si presenta dolore bilaterale, ampie aree di dolore con una distribuzione non segmentale e variabile, allodinia e/o iperalgesia anche al di fuori dell’area di presunta nocicezione primaria. 

  • Cos’è il central sensibilization inventory?

È un questionario di 25 domande, autosomministrabile, che riporta un valore totale finale dal quale estrapoliamo livelli di gravità clinica del CS.

Proposta operativa e conclusioni personali

Ritengo molto utile utilizzare questo sistema di classificazione di LBP come primo passo nell’approccio al trattamento della lombalgia che esula dallo scopo del presente articolo. 

Tuttavia, non si deve diventare sostenitori fanatici di un unico sistema di classificazione per LBP, ma incorporare nel ragionamento clinico le molteplici dimensioni del LBP compresi i meccanismi del dolore. Il sistema di classificazione riportato dovrebbe essere un’aggiunta disponibile nel cassetto degli attrezzi dello specialista. 

Lo screening proseguirà sicuramente con una attenta raccolta dati del paziente, anamnesi, valutazione posturale e funzionale e questionari sulla qualità della vita.

Riporto due importanti tools somministrabili:

  1. OSWESTRY DISABILITY INDEX (ODI).

L’ODI è stato sviluppato per valutare la disabilità legata al dolore nelle persone con lombalgia acuta, subacuta o cronica ed è stato raccomandato come misura di disabilità specifica per il mal di schiena.

L’ODI copre 1 elemento sul dolore e 9 elementi sulle attività della vita quotidiana (cura personale, sollevamento, camminata, seduta, in piedi, dormendo, vita sessuale, vita sociale e viaggi). I punteggi totali da: 0 a 20 indicano “disabilità minima”, 20–40 “disabilità moderata”, 40–60 “disabilità grave”, 60–80 “costretto a stare a casa” e 80–100 per indicare “costretto a stare a letto”.

  1. SCALE UNIDIMENSIONALI DEL DOLORE.

Misurano solo l’intensità del dolore ma sono un ottimo strumento di autovalutazione. Personalmente le utilizzo più volte nel corso dei cicli del trattamento, per costruire un grafico di andamento del dolore e mostrare al paziente miglioramenti concreti. Oppure possono essere usati durante la somministrazione dell’esercizio per capire come il paziente sta rispondendo allo stesso in quel preciso momento.

A mio parere, il trattamento deve seguire la natura del mal di schiena, vale a dire un approccio multidisciplinare. Avere un focus solo sulla propria specializzazione e pensare di poter gestire la lombalgia in quell’unico modo avrà un risultato meno efficiente, rispetto ad un trattamento basato sulle collaborazioni con altri professionisti. 

Le linee guida raccomandano la gestione non farmacologica e non invasiva. Bisogna educare il paziente a rimanere attivo, ad un uso corretto del movimento, sulla natura benigna della lombalgia e rassicurazione sull’assenza di patologie gravi.

L’uso di esercizio fisico come terapia è consigliato soprattutto nel LBP non specifico. Questo potrebbe essere combinato con terapie manuali o psicologiche in un programma di riabilitazione combinato. Poiché non c’è nessuna prova disponibile per dimostrare che un tipo di esercizio è superiore a un altro, la scelta dipenderà dal contesto. 

In linea generale, in una prima fase, mi piace molto utilizzare i principi di Feldenkrais e tematica dei contatti per rendere consapevole il paziente del proprio corpo, anche attraverso posizioni antalgiche e tecniche di rilassamento che aiutano il paziente alla diminuzione del dolore e quindi ad approcciarsi alla lezione con più facilità. Adotto alcuni principi dello Yoga, soprattutto per quel che riguarda la respirazione, e curo dapprima l’aspetto “posturale” attraverso una visione da globale ad analitica. Riequilibrate le linee miofasciali ed educato al respiro, sono convinta che possa muoversi attraverso una ergonomia del gesto che lo rende consapevole di come non c’è da aver paura del movimento. Implemento il lavoro con esercizi di resistenza muscolare analitici e resistenza globale per l’efficienza cardiovascolare e in una fase finale approccio agli esercizi di forza. 

Tutto ciò abbinato ad altri trattamenti con altri professionisti e alla educazione del paziente su quello che farà al di fuori degli orari di lezione, che ritengo siano ancora più importanti. Ovviamente il lavoro non è sempre uguale ma dipenderà dal tipo di paziente che ho di fronte e dallo screening effettuato.

Nel presente articolo si è voluto mostrare come il mal di schiena sia una problematica che nasconde una complessità di difficile interpretazione, proprio perché il dolore non è soltanto un sintomo ma una esperienza soggettiva. Per cui dovremmo chiederci se il vecchio approccio al mal di schiena basato solo sui sintomi, che molto spesso ha portato i pazienti ad una vera e propria fobia al movimento, sia davvero efficace.

Simone Antonielli
Note sull’autore
Laurea triennale in Scienze Motorie e Sportive, Università degli studi dell’Aquila
Laurea magistrale in Scienze Motorie Preventive e Adattative, Università degli studi dell’Aquila
Certificazione “Functional and postural recovery” presso Training Lab Italia
Certificazione “Strenght and Conditioning Buzzichelli edition” presso Training Lab Italia

Qui trovi un approfondimento sui trattamenti e le linee guida per soggetti con LBP. 

Bibliografia

  • Neuropathic low back pain in clinical practice. R. Baron et al. European Journal of Pain 2016.
  • Low Back Pain: Guidelines for the Clinical Classification of Predominant Neuropathic, Nociceptive, or Central Sensitization Pain. Jo Nijs et al. Pain Physician 2015
  • In the spine or in the brain? Recent advances in pain neuroscience applied in the intervention for low back pain. J. Nijs et al. Clinical and experimental rheumatology 2017
  • Non-Specific Low Back Pain. Jean-François Chenot et al. Deutsches Ärzteblatt International 2017
  • Knowledge of psychosocial factors associated with low back pain amongst health science students: a scoping review. Kelsey L. Lewis and Patrick J. Battglia. Chiropr Man Therap 2019
  • Non-specific low back pain. Federico Balagué, Anne F Mannion, Ferran Pellisé, Christine Cedraschi. Lancet 2012
  • Physical Therapy Approaches in the Treatment of Low Back Pain. Edward A. Shipton. Pain Ther. 2018
  • Care for low back pain: can health systems deliver?. Adrian C Traeger et al. Bull World Health Organ. 2019
  • Association of Back Pain With All-Cause and Cause-Specific Mortality Among Older Women: A Cohort Study. Eric J Roseen et al. Epub 2018
  • Making Sense of Low Back Pain and Pain-Related Fear. Samantha Bunzli et al. J Orthop Sports Phys Ther 2017
  • The Association Between Health Care Professional Attitudes and Beliefs and the Attitudes and Beliefs, Clinical Management, and Outcomes of Patients With Low Back Pain: A Systematic Review. B Darlow et al. Eur J Pain 2012
  • Il cervello del paziente. Fabrizio Benedetti. Giovanni Fioriti Editore 2012
  • La PNEI e il sistema miofasciale: la struttura che connette. Marco Chiera, Nicola Barsotti, Diego Lanaro, Francesco Bottaccioli. Edra 2017
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