Piede piatto patologico: anatomia, biomeccanica, valutazione, spunti pratici

Data:

24/09/2020

Indice degli argomenti

Il seguente articolo è parte di una serie di argomenti riguardanti il piede patologico. In questa prima analisi approfondiremo il piede piatto.

Il piede

Il piede, segmento terminale dell’arto inferiore, è formato da un insieme di 26-28 ossa e 33 articolazioni, localizzate distalmente alle ossa della gamba, tibia e perone, con le quali forma l’articolazione tibio-tarsica.

Analizzarne l’anatomia nel dettaglio, è una premessa fondamentale per comprenderne l’importanza per la funzionalità di tutto il corpo umano, sia in statica che in dinamica.

Parte Centrale

CENNI ANATOMICI

Macroscopicamente, il piede può essere studiato considerandone tre zone:

  1. retropiede, area comprendente astragalo, calcagno e l’articolazione che li tiene uniti;
  2. mesopiede, area del cuboide, scafoide o navicolare e I, II, III cuneiforme;
  3. avampiede, area racchiudente le ossa metatarsali e le falangi prossimali, intermedie e distali.

Il congiungersi di queste tre zone, a sua volta, forma due grandi articolazioni: tra retropiede e mesopiede abbiamo l’articolazione de Cophart o articolazione medio tarsica, tra mesopiede ed avampiede l’articolazione de Lisfranc.

FUNZIONI

Il piede assolve essenzialmente a quattro funzioni principali:

  1. fornisce una superficie articolare in grado di mettere in rapporto l’arto inferiore con il suolo;
  2. garantisce stabilità alla posizione eretta assorbendo gran parte del peso corporeo;
  3. rende possibile, grazie alla propria complessa anatomia, movimenti fondamentali nella locomozione, nella corsa, nel salto e nella camminata su superfici irregolari, adattandosi alle diverse tipologie di superficie;
  4. si presta infine come punto di inserzione ossea di numerosi legamenti e tendini muscolari.

Le articolazioni che compongono il complesso anatomico del piede, in sinergia con la caviglia, permettono a questo di compiere movimenti attraverso tre gradi di libertà, attorno a tre assi:

  • un asse trasversale, che attraversa i malleoli mediale e laterale, attorno al quale avvengono i movimenti di flessione dorsale e flessione plantare, principalmente a carico dell’articolazione tibio-tarsica;
  • un asse longitudinale del piede, che attraversa il tallone e l’articolazione sotto-astragalica, attorno al quale avvengono i movimenti di supinazione e pronazione, principalmente a carico dell’articolazione sotto-astragalica;
  • un asse longitudinale della gamba, intorno al quale avvengono movimenti di abduzione ed adduzione.

Le articolazioni del piede hanno una struttura particolare, tale per cui ogni movimento della sotto-astragalica su un piano è accompagnato sempre da un movimento negli altri due piani: la supinazione è accompagnata dall’inversione, dall’adduzione e dalla flessione plantare, mentre la pronazione è accompagnata dall’eversione, dall’abduzione e dalla flessione dorsale.

La funzione di sostegno data dal piede è resa possibile grazie a tre punti di appoggio con il suolo: uno posto sulla testa del primo osso metatarsale (e alle ossa sesamoidi), uno sulle teste del quarto e quinto osso metatarsale, e uno localizzato sulla tuberosità posteriore del calcagno.

Il piede è inoltre in grado di generare forze propulsive grazie a un meccanismo di ammortizzamento-spinta, reso possibile dall’assorbimento e rilascio di forze a carico della volta plantare, formata da tre archi:

  1. un arco longitudinale mediale (formato dal primo osso metatarsale, primo cuneiforme, navicolare, astragalo e calcagno);
  2. un arco longitudinale laterale (formato da quinto osso metatarsale, cuboide e calcagno);
  3. un arco trasverso (teso tra la testa del primo e del quinto osso metatarsale).

L’arco longitudinale mediale rappresenta la principale struttura portante e ammortizzante del piede, trova la sua chiave di volta sull’articolazione astragalo-navicolare, ed è stabilizzato dalla fascia plantare, dal legamento di Spring e dalla prima articolazione tarso-metatarsale.

Traumi e/o deficit di legamenti, muscoli e/o ossa del piede, scatenano una serie di disfunzioni che si riversano sul piede stesso e strutture ad esso associate.

IL PIEDE PIATTO

Il termine piede piatto descrive un piede il cui arco longitudinale mediale risulta cronicamente ridotto o insolitamente diminuito. Questa condizione, presente nel 20% circa della popolazione sana e asintomatica, è spesso il risultato di lassità articolare all’interno delle regioni dell’avampiede.

In tale condizione, l’articolazione sotto-astragalica viene eccessivamente pronata, inducendo il retropiede ad assumere una posizione eccessiva in valgo, con un avampiede in eccessiva abduzione. In aggiunta a questo si nota un evidente distanziamento delle cinque dita.

Alcuni autori suddividono il piede piatto in due tipologie: piede piatto rigido e piede piatto flessibile.

  • Il piede piatto rigido presenta un arco ridotto anche in posizioni prive di carico; questa deformità è spesso congenita, secondaria a una malformazione ossea o articolare, come una fusione parziale del calcagno con l’astragalo fissato in eversione.
  • Il piede piatto flessibile, invece, rappresenta la forma più comune, con l’arco longitudinale mediale che appare normale quando in scarico, ma che diminuisce eccessivamente in presenza di carico. Tale condizione è spesso associata a lassità dei tessuti connettivi locali di supporto, debolezza generalizzata o dolore nei muscoli che supportano l’arco, o a meccanismi compensatori che causano un’eccessiva pronazione del piede.

Esiste poi una condizione chiamata deformità del piede piatto acquisito da adulto (AAFD), dove traumi, infiammazioni croniche o patologie degenerative a carico del tendine del muscolo tibiale posteriore provocano un crollo dell’arco longitudinale mediale. Il cedimento strutturale di questo tendine è in genere associato a una caduta dell’osso navicolare e alla marcata eversione del retropiede con una estensione dell’avampiede in abduzione eccessiva.

CONSEGUENZE SUI DISTRETTI MUSCOLO – SCHELETRICI

Una delle strutture che entra in sofferenza, a seguito di un piede piatto, è sicuramente la fascia plantare.

Il legamento arcuato (o aponeurosi plantare) è una robusta fascia fibrosa che unisce la zona plantare interna del calcagno con la base delle dita. Questo legamento gioca un ruolo molto importante nella trasmissione del peso corporeo al piede durante la deambulazione e la corsa; in particolare, quando il piede si eleva sulle punte staccando il tallone dal suolo l’aponeurosi plantare subisce una distensione.

In una fase precoce di fascite plantare verrà coinvolta l’inserzione di questo legamento, a livello calcaneare, causando dolore in quest’area; successivamente il dolore tende a spostarsi verso l’avampiede migrando lungo tutta la pianta e risparmiando soltanto la punta delle dita (falangi distali del piede).

La fascite plantare può insorgere a causa di innumerevoli fattori, spesso combinati tra loro; piedi piatti o cavi, scarpe inadeguate, sovrappeso, obesità, allenamenti non appropriati e contrattura o debolezza di alcuni muscoli della gamba come il gastrocnemio, il peroneo, il tibiale posteriore e gli estensori delle dita del piede con un prevalere della muscolatura e dei tendini della parte laterale del piede, i peronieri.

Una ripercussione si ha anche a livello dell’articolazione del ginocchio, infatti avremo un ginocchio valgo, e a livello dell’anca che si presenterà in rotazione interna (muscoli glutei deboli). Durante il cammino, inoltre, a causa della ridotta escursione articolare tibio-tarsica, la tibia non riesce a farsi spazio ed il piede automaticamente viene proiettato verso l’esterno spostando il carico centralmente. Facendo fatica ad usare il gastrocnemio, si perde la capacità di spingere il tallone verso l’alto e di conseguenza ci sarà un lavoro quasi esclusivo dei muscoli dell’anca, senza passare per il piede.

VALUTAZIONE GENERALE E SPECIFICA

Un test di facile applicazione e a basso costo per una valutazione generale è sicuramente il Wet Test, Test del Bagnato.

Esecuzione:

  • versare mezzo centimetro d’acqua in un recipiente;
  • immergere entrambi i piedi e poi spostarsi su un foglio di carta restando in piedi.

Meglio utilizzare un foglio di carta pesante come quella dei pacchi che assorba ed evidenzi l’impronta lasciata.

  • osservare la forma dell’impronta creata.

In questo modo sarà possibile individuare l’arco plantare e successivamente identificarlo come pronatore, iperpronatore o supinatore.

Risultato:

  • arco normale (medio): si vede circa metà dell’arco nell’impronta lasciata sul foglio, il piede prona (rulla) normalmente;
  • arco piatto (basso): se c’è completamente o quasi tutta l’impronta della pianta, significa che si hanno i piedi piatti, quindi un iperpronatore;
  • arco alto: se si vede solo appena il tallone e la zona dell’avampiede e le due parti non sono collegate, l’arco plantare sarà eccessivamente alto. Ciò significa che è supinatore.

tipi arco plantare

I test più classici che si utilizzano nella valutazione specifica del piede piatto sono:

  • il Toe Raising Test eseguito col paziente in piedi: flettendo dorsalmente l’alluce del paziente in posizione eretta, nel piede piatto correggibile si osserva un innalzamento della volta plantare ed una “varizzazione” del calcagno.
  • il Test di sollevamento sulle punte: il paziente con piede piatto, in piedi sulle punte, corregge parzialmente o addirittura non corregge per nulla il valgismo del calcagno. Questo è caratteristico di piedi piatti fortemente strutturati o contratti.

INFLUENZE VISCERALI

Quando il piede piatto è coinvolto in maniera diretta, quindi a seguito di distorsioni o traumi, oltre ad inficiare le strutture muscolo-scheletriche (somato-somatico), quindi il contenente, coinvolge anche il contenuto, ovvero i visceri (somato-viscerale). In particolare i visceri del piccolo bacino come vescica, retto e utero e anche i reni che risultano essere in stretta connessione col muscolo ileopsoas attraverso la fascia retrorenale.

Accade però anche l’inverso, ovvero, problematiche viscerali possono ripercuotersi sulla meccanica dell’arto inferiore e di conseguenza sul piede.

In questi casi può essere di aiuto consultare uno specialista, come l’osteopata, che attraverso delle manovre correttive mirate alle strutture interessate sarà di supporto alla rieducazione svolta tramite esercizio fisico.

COME INTERVIENE IL LAUREATO SM IN CASO DI PIEDE PIATTO FLESSIBILE

Escludendo la necessità di intervento chirurgico, a seguito di un’attenta valutazione posturale globale, il professionista delle Scienze Motorie interverrà con esercizi che coinvolgano i distretti interessati, vicini e lontani, tenendo conto quindi delle catene miofasciali.

Un esercizio utile al rinforzo della muscolatura interna della gamba, in particolare del tibiale posteriore, si esegue in questo modo:

  • soggetto in posizione seduta;
  • portare la caviglia del piede interessato in appoggio sul ginocchio opposto;
  • fissare un elastico con un’estremità sotto la pianta del piede che è a terra e l’altra estremità sotto il primo dito del piede che è sopra;
  • eseguire col piede movimenti di supinazione e ritorno.

esercizi piede piatto

Un ulteriore esercizio, per coinvolgere i muscoli intrinseci del piede, si esegue afferrando e rilasciando, con la parte compresa tra mesopiede ed avampiede, pennarelli, penne e matite – variando la dimensione e quindi la complessità. Stesso movimento può essere svolto arricciando un asciugamano sotto le dita del piede.

esercizi piede piatto

esercizi piede piatto

Con l’aiuto di uno step, salire appoggiando prevalentemente la zona dell’avampiede, arricciare con il piede l’asciugamano ed eseguire un calf.

esercizi piede piatto

CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONI

Non necessariamente un piede piatto deve essere corretto, non ci sviluppiamo in modo così perfetto da rispecchiare le immagini sui libri di anatomia. Dunque, quando è da correggere? Quando, da semplice caratteristica anatomica, diventa deformità.

Fino ai 6 anni il piede piatto è anatomico, dopo i 7/8 anni si capisce se evolverà in piede piatto fisiologico da adulto oppure in piede piatto patologico. Verificare quindi se ci sono eventuali familiarità, dolore al piede stesso o ad altre strutture come la colonna vertebrale, e difficoltà di movimento.

Osservare la sintomatologia è uno step importante. Se il dolore è riferito all’esterno, a livello del malleolo peroneale, è un dolore da sovraccarico, se interno, malleolo tibiale, è dovuto al tendine del tibiale posteriore.

Le deformità flessibili sono quelle deformità in cui non è ancora subentrata artrosi ed in cui è possibile pianificare una correzione. Ecco perché è fondamentale la diagnosi precoce: per fare prevenzione ed evitare che insorga artrosi.

Che si tratti di prevenzione, contenzione o rieducazione, il laureato SM è bene sia a contatto con un team multidisciplinare così da poter svolgere un lavoro mirato a 360°.

Francesca Vespasiano
Note sull’autore
Laurea in Scienze delle Attività Motorie e Sportive all’Università degli Studi Gabriele D’Annunzio di Chieti
Studentessa di Osteopatia presso l’AIOT di Pescara
Certificata Training Lab Italia – Personal Trainer, Functional Trainer, Functional and Postural Recovery
Articolista Training Lab Italia
Membro del Progetto University Lab

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Bibliografia

  • BIOMECHANICS AND PATHOPHYSIOLOGY OF FLAT FOOT. Drew H Van Boerum , Bruce J Sangeorzan.2003, Sep.
  • ADULT-ACQUIRED FLATFOOT DEFORMITY. Niall A Smyth , Amiethab A Aiyer, Jonathan R Kaplan, Clayton A Carmody, Anish R Kadakia.May 2017.
  • BIOMECHANICAL STRESS ANALYSIS OF THE MAIN SOFT TISSUES ASSOCIATED WITH THE DEVELOPMENT OF ADULT ACQUIRED FLATFOOT DEFORMITY. Christian Cifuentes-De la Portilla, Ricardo Larrainzar-Garijo, Javier Bayod. Jan 2019;
  • THE EFFECT OF ADDITIONAL ACTIVATION OF THE PLANTAR INTRINSIC FOOT MUSCLES ON FOOT KINEMATICS IN FLAT-FOOTED SUBJECTS. Kazunori Okamura, Shusaku Kanai, Kengo Fukuda, Satoshi Tanaka, Takeya Ono, Sadaaki Oki. Mar 2019.
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