La valutazione posturale. Terzo step

Data:

27/10/2020

Indice degli argomenti

Terzo di 5 articoli all’interno dei quali troverai quelli che, SECONDO IL MIO PUNTO DI VISTA, sono gli step da seguire per una valutazione posturale completa: consigli e spunti da mettere subito in pratica e racconti di campo.

Ah, se non hai letto il primo step lo trovi qui, per il secondo step invece clicca qui, altrimenti non ti resta che prendere carta e penna ed entrare insieme a me nella terza fase.

PREMESSA: LA POSTURA IDEALE NON ESISTE

“Notizia bomba!”, qualcuno penserà.

Sì, perchè mentre qualcuno pensa che sia giusto simmetrizzarci come fossimo dei lego, la biologia fa il suo corso, creando forme non sempre simmetriche e seguendo una via dove incontra meno resistenza.

Attenzione: quando dico che non esiste una postura ideale non intendo che non esiste una postura ottimale PER OGNI INDIVIDUO, ma semplicemente che non può esserci uno standard da seguire, anche perché siamo il frutto di ciò che proviamo e facciamo, quindi se uno sportivo è formidabile con una postura non perfettamente simmetrica ma “asintomatica”, perché andare ad alterare quell’equilibrio? Anzi, l’asimmetria è vita.

Dicevo: esiste una postura ideale per OGNI INDIVIDUO, nel senso che il nostro corpo deve tendere al suo equilibrio anche se questo equilibrio non significhi simmetria.

DI COSA PARLIAMO AL TERZO STEP?

Se nel primo abbiamo dedicato del tempo all’ASCOLTO e nel secondo alla RACCOLTA DATI tramite questionari e scale, adesso è arrivato il momento di analizzare eventuali squilibri tramite l’OSSERVAZIONE.

Sia chiaro, ben vengano le strumentazioni e i mezzi tecnologici di cui anche io a volte mi avvalgo, ma sono dell’idea che, allenando “l’occhiometro” e “ascoltando” il soggetto, noteremo cose che la tecnologia spesso non è in grado di analizzare o quantomeno non con mezzi poco invasivi.

Sicuramente starai pensando che sarà difficile.

Prima di diventare esperti si devono analizzare tanti casi, ma sappi che il dubbio rimarrà sempre e forse è proprio questo il fascino del nostro lavoro, un po’ come navigare in un mare continuamente in tempesta, cercando sempre di trovare la rotta giusta per uscirne fuori. A tal proposito tiro in ballo una citazione di Roosevelt:

Il mare calmo non ha mai reso il marinaio esperto.

Che altro aggiungere!

Entriamo nel vivo e cominciamo da subito a comprendere cosa fare al terzo step, e cioè parlare della valutazione statica di un soggetto tramite l’OSSERVAZIONE.

Attenzione anche qui. C’è sempre stata una diatriba, tutt’ora accesissima, sul fatto che una valutazione del soggetto in statica non portasse a delle informazioni utili, anzi addirittura forvianti. Questo lo sostengono alcuni autori e alcuni studi. In questi lavori si evidenzia come le curve della colonna si modifichino da sole a seconda del tempo che passiamo in piedi, e che si tratti di una modificazione temporanea, che quindi non andrebbe presa in considerazione. Altri autori però sottolineano come la posizione che assumiamo in statica abbia molto da dire. Persino Myers, uno dei massimi esperti mondiali sulla fascia, rimarca il fatto che, durante l’osservazione, possiamo notare come il corpo si adatti cercando un suo equilibrio (magari per non avvertire dolore) e che, allo stesso tempo, la postura acquisita non sia sempre compatibile con alcuni movimenti, o non sia efficiente. Infine, aggiungo che “statica” è un eufemismo in quanto un soggetto non è mai fermo ma è in continua ricerca dell’equilibrio, reagisce agli stimoli e pensa.

Inoltre, se il cliente si è rivolto a noi è perché avverte un disagio, e attraverso le nostre conoscenze dobbiamo scoprire cosa arreca tale disagio. Insieme al cliente stesso dovremo trovare delle relazioni strutturali efficienti senza imporre l’ottenimento di uno standard di riferimento.

Ma chi ha ragione su questa diatriba? Tutti e nessuno.

Il bello del metodo scientifico è proprio questo: COLTIVARE IL DUBBIO. Per queste ragioni voglio citarti un breve passo del libro HELGOLAND di Carlo Rovelli che tratta di fisica quantistica ed esprime il concetto di metodo scientifico:

Credo che uno dei grandi errori che fanno gli esseri umani quando tentano di capire qualcosa sia volere certezze. La ricerca della conoscenza non si nutre di certezze: si nutre di una radicale assenza di certezze. Grazie all’acuta consapevolezza della nostra ignoranza, siamo aperti al dubbio e possiamo imparare sempre meglio. Questa è sempre stata la forza del pensiero scientifico, pensiero della curiosità, della rivolta, del cambiamento.

Scusate se mi sono dilungato, torniamo a noi. Dicevamo: hanno ragione entrambi, cosa fare allora?

Io uso molto l’osservazione, anche in statica e, considerando i primi 2 step, cerco di ragionare non per standard ma in base al racconto del cliente. Non ho quindi una procedura fissa, anche se alcuni passaggi li compio sempre, e tra questi c’è l’osservazione sui vari piani dello spazio. Durante l’osservazione ci sono molte cose da vedere, ma ripeto, tutto deve avere una logica e non seguire uno standard di valutazione. Questo è il mio parere. 

Come procedere allora?

Da qui in poi ti elencherò alcuni metodi di indagine osservazionale che vengono utilizzati comunemente da chi si occupa di postura. In particolare, ci occuperemo delle relazioni inter-scheletriche e dei relativi pattern.

Mi limiterò ad elencare cosa si può osservare SENZA AZZARDARE CONCLUSIONI perché, come ho scritto in precedenza, l’equilibrio posturale è soggettivo e le sfaccettature di ciò che si osserva sono svariate.

Ti spoilero già che nel quarto step andremo nel dettaglio di quelli che sono i pattern dei tessuti molli, in particolare delle tensioni che si creano attraverso le linee miofasciali e che alterano morfologia e movimento. Così facendo potremo matchare le varie informazioni raccolte e cercare di creare una strategia di intervento. Partiamo!

Per farti esercitare fin da subito affiancherò ad alcune immagini una foto di miei clienti, in modo che tu possa cercare di individuare gli squilibri di cui parliamo (anche se sono consapevole che da una semplice foto non si può notare tutto).

OSSERVAZIONE SUI VARI PIANI E VERTICALE DI BARRÈ

L’osservazione si effettua sulla base di una linea immaginaria, che di solito viene rappresentata nella realtà con un filo a piombo. Si chiama verticale di barrè.

Questa linea virtuale è passante per il dente dell’epistrofeo (seconda vertebra cervicale, C-2) e ricade sul poligono d’appoggio, intersecando la terza vertebra lombare L-3. A partire da questa verticale, sarà nostra cura porre il soggetto nelle varie posizioni (posteriore, frontale, sagittale destra e sinistra) e prendere nota dei vari squilibri.

Visione Posteriore

Dalla visione posteriore del soggetto, questa linea, partendo dal basso vesso l’alto, dovrebbe intersecare i seguenti punti:

  • OCCIPITE 
  • C-7 (Settima vertebra cervicale)
  • L-3 (Terza vertebra lombare)
  • LINEA SACRALE INTERGLUTEA
  • METÁ DELLA DISTANZA MALLEOLARE

visione posteriore

Questo è un allineamento cosiddetto fisiologico. Nel caso in cui non dovessimo trovare questo tipo di situazione, cominceremo a classificare le varie perturbazioni nel seguente modo:

Sindrome Discendente

La problematica potrebbe scaturire dall’alto e coinvolgere, via via verso il basso, le varie strutture. Per identificare la sindrome discendente, troveremo l’occipite fuori dalla linea verticale, mentre il sacro risulterà in linea insieme al poligono d’appoggio.

In questo caso l’ipotesi è che le strutture che influiscono sul disturbo, siano comprese in una regione racchiusa tra occipite e C-2. Queste potrebbero essere il recettore oculare e l’apparato stomatognatico che, con molta probabilità, attraverso strutture in relazione anche con i visceri come la linea alba cervicale, e attraverso un eventuale tensione di essa, si ripercuotono sulle strutture sottostanti (vedi deep front line).

Da ricordare che, ad esempio, la linea alba che noi tutti conosciamo non è altro che la continuazione del frenulo linguale, e quindi si comprende bene la trasmissione di tensione che può derivare dalle strutture connesse ad essa, visceri compresi.

sindrome discendente

Sindrome Ascendente

In questo caso, lo squilibrio sarebbe a partire da strutture che dal basso si ripercuotono verso l’alto. Per identificare la sindrome discendente, troveremo il sacro fuori dalla linea verticale, mentre l’occipite risulterà allineato al poligono d’appoggio.

L’ipotesi in questo caso è che le strutture che influiscono sul disturbo siano comprese in una regione che va fino al sacro e quindi, con maggiore probabilità, saranno responsabili il recettore podalico, le alterazioni strutturali degli arti inferiori o il triangolo sacrale, arrivando ad alterare la postura fino anche a C-2.

sindrome ascendente

Sindrome Mista

In questo caso troviamo una condizione combinata dei 2 fattori precedenti, sia l’occipite che il sacro sono fuori dalla linea verticale ed opposti tra di loro. Lo squilibrio potrà provenire sia dal basso che dall’alto.

Da questo esempio si comprende bene quanto il corpo umano sia tanto affascinante quanto complesso e quanto, allo stesso tempo, il nostro lavoro non sia così facile. In questo caso dovrà essere ricercata la causa, indagando ulteriormente con osservazioni approfondite e test più specifici che vedremo nei prossimi step. 

sindrome mista

Sindrome Disarmonica

Questa condizione si evidenzia quando occipite e sacro sono posizionati dallo stesso lato, fuori dalla linea verticale. Quando si presenta questo caso, le ipotesi fanno pensare a  traumi come colpi di frusta (whiplash), disturbi neurologici, psicosomatici, vestibolari o cicatrici.

Insomma, da questo quadro si comprende l’importanza del matching con la raccolta di informazioni precedentemente descritta, e test specifici di cui parleremo nei successivi articoli.

sindrome disarmonica

Proseguendo la nostra osservazione posteriore del soggetto, possiamo notare tantissime altre disarmonie (non basterebbero 10 articoli), ma vi elencherò solo le principali. Ci sono infatti alcuni allineamenti “fisiologici” da considerare, ma prima di fare ciò dovremmo tirare in ballo la relatività.

Tranquilli, Einstein non c’entra (o forse sì?). Quello che voglio dirvi è che prima di valutare se un allineamento è corretto o meno, dovremmo porci una domanda molto importante:

In relazione a cosa?

Sì, perché come ho ripetuto più volte, non dobbiamo cercare uno standard, bensì osservare ciò che potrebbe, secondo ciò che abbiamo raccolto sin ora, provocare lo squilibrio, e andare a ricercare un’alterazione rispetto ad un segmento che secondo noi è in equilibrio.

Per farvi un banale esempio, se il soggetto presenta delle limitazioni, dolore o altri disturbi ad un arto, potremmo metterlo in relazione con il controlaterale sano, oppure in relazione posizionale con le strutture che possono influire sulla sua dinamica. Ad esempio, la posizione di una scapola sarà valutata rispetto alla sua controlaterale e alla colonna vertebrale.

Detto questo, partiamo con l’elencare alcuni punti da osservare.

Sempre dall’alto verso il basso, possiamo notare i seguenti allineamenti e situazioni  che si presentano:

  • Mastoidi dell’osso temporale: la loro cranialità o cadaulità ci daranno l’idea di come è orientato il capo;
  • Linea bi-acromiale: notando l’orientamento craniale o caudale delle singole;
  • Apice delle scapole: oltre all’allineamento, la freccia in blu sta ad indicare la distanza dell’apice rispetto alla colonna (da misurare con un centimetro), che potrebbe indicare una posizione in abduzione della stessa. Oltre questo si potrebbe presentare la cosiddetta scapola/e alata/e. In questo caso, trovereste un incavo tra il margine mediale della scapola ed uno spazio fino alla colonna, come se fosse quasi “scollato”;
  • Triangoli della taglia (in rosso): visibili anche dalla visione anteriore del soggetto, sono spazi le cui linee esterne delimitano torace e fianchi e quelle interne gli arti superiori. Uno spazio più ampio rispetto il controlaterale (side- bending) potrebbe essere indicatore di una scoliosi, formando il cosiddetto “colpo d’ascia” dal lato concavo della scoliosi (che può evidenziarsi anche da eventuali gibbi dal test di Adams);
  • Creste iliache: da notare anche qui il loro orientamento cranio-caudale. Il disallineamento potrebbe essere frutto di scoliosi, eterometrie degli arti o false eterometrie date da tensioni muscolari;
  • Pliche glutee e tuberosità ischiatiche: da notare le simmetrie delle prime e, se abilitati a farlo, palpare le seconde con i pollici e verificarne l’allineamento;
  • Orientamento ed allineamento delle pliche poplitee: possono aiutarci a capire le tensioni e l’orientamento dell’arto inferiore e del ginocchio. Le frecce in arancio stanno ad indicare l’osservazione di eventuale varismo (verso l’esterno) o valgismo (verso l’interno) del ginocchio, che potrebbe essere dovuto anche ad una rotazione dell’intero arto.
  • Orientamento dei malleoli: ci può dare indicazione dell’atteggiamento che abbiamo in appoggio. Teniamo sempre presente che il malleolo interno (tibiale) è sempre più craniale dell’esterno (fibulare). Potremmo altresì osservare il “segno delle troppe dita”, ovvero che, mentre siamo posti dietro la caviglia del soggetto, emergono le ultime 4 dita all’esterno della visuale. Questo potrà indicarci l’atteggiamento della volta plantare od altre alterazioni;
  • Archi plantari (in giallo): semplicemente infilando 2 dita sotto il piede del nostro soggetto, potremmo saggiare la profondità e di conseguenza l’appiattimento o no della volta plantare.

valutazione posturale 1

Prima di passare alla visione frontale e sagittale, voglio farvi presente una frase che dico sempre agli studenti che incontro durante i corsi ed i seminari universitari:

La prima impressione è sempre la più valida.

Il senso è quello di non stare troppo a guardare il punto indagato, col rischio di vedere cose che in realtà sono frutto della nostra suggestione. Diamo uno sguardo deciso e attento e segniamo ciò che abbiamo osservato senza fare troppe considerazioni: queste ultime le trarremo solo dopo il matching con le alte informazioni.

Visione Frontale

Rispetto alla visione posteriore, sono poche le cose da notare. È logico che dovremmo riscontrare lo stesso posizionamento dei segmenti strutturali visti posteriormente, e quindi se avremo trovato una linea bi-acromiale disallineata, lo riscontreremo anche sulla parte frontale.

Quello che però potremmo cogliere in più, è la posizione di alcune strutture che posteriormente non sono presenti. Vi anticipo che quando invece vedremo la valutazione statica delle linee miofasciali, la visione frontale offrirà molti più spunti, e il vostro punto di osservazione cambierà radicalmente.

Ecco quindi di seguito i punti in più da osservare in visione frontale:

  • Linea bi-pupillare: da tenere conto oltre che della posizione cranio-caudale, anche di un eventuale occhio più aperto o chiuso, che potrebbe delineare un possibile quadro di “occhio pigro”. Per approfondire l’ambito visuo-posturale, oltre che somministrare alcuni test, l’ideale sarebbe di collaborare con oculista ed optometrista che sapranno andare sicuramente più a fondo alla questione. L’approccio multidisciplinare è sempre la miglior cosa;
  • Linea interincisivale mediana (in rosso): da mettere in relazione con il frenulo gengivale. Potrebbe dare indicazioni su deviazioni mandibolari (anche qui la collaborazione con odontoiatra e gnatologo è essenziale);
  • Linea inter-mammaria: passante per i 2 capezzoli. Valutare eventuali asimmetrie e se sono corrispondenti ad atteggiamento già valutato come un side-bending;
  • Orientamento degli arti inferiori (frecce in giallo): valutare se il soggetto assume una posizione ritenuta comoda con arto intra o extra-rotato;
  • Allineamento rotula (in blu): da mettere in relazione con la tuberosità tibiale. Ci può dare indicazioni sulle tensioni dei muscoli ischio-crurali.

valutazione posturale 2 

Visione Sagittale

Nella visione sagittale avremo ancora una volta un allineamento da prendere come riferimento. Inutile dire che è tutto empirico e, come detto all’inizio, non è da seguire come uno standard, ma ci aiuta a comprendere verso quale direzione va la postura del soggetto.

La cosa interessante nell’arrivare fin qui è che possiamo sempre più rispondere alla domanda “In relazione a cosa?”. Infatti, incrociando le informazioni di prima e confrontandole anche con la visione sagittale, avremo sicuramente maggiori indizi per arrivare ad una prova.

Ad esempio: se trovo un segmento mal posizionato in senso cranio-caudale, potrò confrontarlo sul piano sagittale nella sua posizione antero-posteriore in modo da avere già un’idea di un’anomalia, che potrà trovare conferma con un test di movimento in seguito (tratteremo nell’ultimo step).

Andiamo subito a parlare di cosa notare sul piano sagittale. Premetto anche qui che la valutazione è talmente ampia, soggettiva ed esperienziale che le cose da notare sarebbero svariate, ma tratterò solo le principali. Ricordati inoltre di valutare entrambi i lati del soggetto.

Di seguito trovi i reperi anatomici da valutare:

  • Trago dell’orecchio;
  • Articolazione acromion-claveare;
  • Grande trocantere del femore;
  • Punto più anteriore al malleolo esterno.

Questi sono i punti di repere (punti verdi della linea in rosso) che empiricamente dovremmo trovare allineati tra di loro, e che potremmo prendere come riferimento nel posizionamento delle varie strutture. Oltre a questi, sul piano sagittale, possiamo notare la morfologia delle curve della colonna (linea in blu). In aiuto a quest’ultima osservazione potremmo utilizzare il nostro caro e vecchio filo a piombo.

valutazione posturale 3

 Altri elementi da tenere in considerazione potrebbero essere:

  • Classe occlusale (frecce arancio): Un prognatismo (mandibola spostata in avanti) o un retrognatismo (mandibola spostata indietro) di solito si correlano ad una posizione del capo che si ripercuote a sua volta su tutto il corpo (ricordare sindrome discendente).
  • Flessione o iperestensione (recurvatum) del ginocchio: potrebbe risultare un ginocchio in una posizione iper-estesa o flessa e da questa osservazione lo noteremo perché uno non eclissa l’altro.

V’è da dire che ci sarebbe un’ulteriore indagine, quella sul piano trasversale. Dovremmo osservare il soggetto dall’alto e renderci conto se ci sono rotazioni delle strutture ma le rotazioni, così come i disallineamenti strutturali, sono sempre frutto di tensioni muscolari.

Nell’embrione lo sviluppo del muscolo segue lo sviluppo dell’osso. Nel soggetto già sviluppato invece, abbiamo l’esatto contrario, ovvero l’azione muscolare influenza la posizione ossea, ragion per cui credo sia meglio riprendere questo discorso al quarto step, quando parleremo di linee miofasciali.

FILOSOFIA D’APPROCCIO E CONCLUSIONI

Caro lettore, sei arrivato anche stavolta fin qui, grazie.

Come vedi, nonostante conosciamo molti meccanismi del corpo umano, sono ancora tante le cose a noi sconosciute e quindi molti casi possono lasciarci con vari dubbi. Per questo motivo, diversi operatori preferiscono affidarsi a METODI piuttosto che al ragionamento, anche se questi ultimi risultano spesso fallimentari.

Sono dell’idea che, nonostante il corpo sia un sistema complesso fatto da probabilità di connessioni infinite, risponde a stimoli semplici. La giraffa nella sua evoluzione ha sviluppato un lungo collo, frutto molto probabilmente di continui stimoli per arrivare al cibo sopra gli alberi. Nella giraffa vediamo quindi il risultato finale, ma non sappiamo cosa è scattato dentro quel sistema o, ancora meglio, se quel tipo di stimolo funzioni allo stesso modo per tutti gli esseri viventi. Ecco perché io prediligo un approccio “problem-oriented” (orientato al problema) e non “method-oriented” (orientato al metodo). 

È essenziale conoscere la biomeccanica, la neurofisiologia, la neuroanatomia ma se tutto questo non lo si adatta di volta in volta al problema in questione, non sapremo mai che strada ci ha portato fin lì, come tornare indietro se necessario, o dove svoltare per riprendere la strada corretta.

Studiando i sistemi corporei, la loro attivazione e i fenomeni adattivi, potremo finalmente creare di volta in volta, il NOSTRO metodo e, con molta umiltà, saper tonare indietro, svoltare, o andare avanti se la strada è corretta, perché quella “mappa” chiamata corpo umano ci apparirà leggibile.

Con un metodo preconfezionato invece, sarà come percorrere una strada viaggiando nel bagagliaio di una macchina, all’oscuro del tragitto già fatto, sperando che il nostro autista non sbagli. E ancora, un metodo è come avere un solo attrezzo nella tua cassetta: quando si ha un solo attrezzo, si finisce per usare solo quello per tutto ciò che ci appare davanti.

Goditi il panorama durante il viaggio, sii consapevole di quello che fai.
Studia, impara, metti in pratica, sbaglia, migliora e ci vediamo al quarto step!

Dott. Marcello Di Finizio
Note sull’autore

Mancano ancora 2 step per concludere la nostra valutazione posturale: continua a seguirci per non perderli!

Bibliografia

  • Dreischarf M, Shirazi-Adl A, Arjmand N, Rohlmann A, Schmidt H. Estimation of loads on human lumbar spine: A review of in vivo and computational model studies. J Biomech. 2016 
  • Krause F, Wilke J, Vogt L, Banzer W. Intermuscular force transmission along myofascial chains: a systematic review. J Anat. 2016 
  • Wilke J, Krause F, Vogt L, Banzer W. What Is Evidence-Based About Myofascial Chains: A Systematic Review. Arch Phys Med Rehabil. 2016 
  • Thomas W. Myers – Anatomy Trains_ Myofascial Meridians for Manual and Movement Therapists. 2013 

Altre fonti

  • Appunti personali
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